Lei si chiamava Beatrice Papetti, aveva sedici anni appena e ieri notte la sua vita è stata travolta da un’auto pirata che l’ha investita e uccisa. È l’ennesimo caso di cronaca che coinvolge una vittima innocente e un criminale (perché si, bisogna chiamarlo col giusto nome) che poi si dà alla fuga, macchiandosi così anche del reato di omissione di soccorso, oltre che ovviamente di omicidio colposo.

Beatrice era in bicicletta, stava tornando a casa in compagnia di suo cugino diciottenne, dopo una serata passata con gli amici a Gorgonzola (Milano), quando un’auto a velocità elevata si è scagliata sulla ragazza. Il guidatore, di cui ancora non si conosce l’identità, non ha accennato a fermarsi o rallentare neppure dopo l’impatto violento, ma ha proseguito il suo folle incedere lasciando Beatrice, ancora viva, priva di sensi.

La ragazza è morta nell’ospedale di Melzo, a seguito delle gravi lesioni riportate. Ad avvisare il 118 il cugino, rimasto illeso ma sotto shock per l’accaduto e a soccorrerla è stato il padre, Nerio Papetti, volontario nel servizio ambulanza. Proprio da parte sua arriva un appello nei confronti dell’assassino della figlia:

Questo criminale si consegni. Io faccio il volontario sull’ambulanza e gli dico: fermati, perché quando investi una persona non puoi non avere la coscienza di fermarti e invece andare via.

Non si può che concordare e stringersi attorno al dolore della famiglia. Non è umano che dei genitori debbano vedere i propri figli morire, specie per l’errore scellerato di qualcuno, magari ubriaco alla guida o sotto effetto di stupefacenti. L’indignazione è tanta, l’amarezza anche. Speriamo che a queste brutte storie venga presto messa la parola fine.

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ultimo aggiornamento: 10-07-2013