Alberto Musy è morto. Comincia nel più tragico dei modi il processo contro il presunto aggressore (ora assassino) del consigliere comunale (Comune di Torino) UDC che come ricorderete venne freddato a fucilate nei pressi di casa sua nel marzo 2012.

Da quel momento l’uomo rimase in coma, lasciando in una terribile condizione di sospensione la moglie Angelica e le sue quattro figlie, di 13, 11, 9 e 3 anni. Una notizia che cambia i termini processuali, dal momento che l’unico indagato, Francesco Furchì, ora rischia l’ergastolo, ma che soprattutto getta nella disperazione una famiglia già abbondantemente provata.

La figura di Musy emerge potentemente nelle parole della moglie al processo, parole che la donna pronuncia in presenza dell’uomo che il 21 marzo 2012 sparò a suo marito, ma che ancora si dichiara innocente. Parole di una moglie che ancora non sa di essere quasi vedova, ma che già ha trascorso 19 mesi della sua vita coniugale con un marito, e un padre, in stato comatoso, e che di questo non riesce a comprendere la ragione, ma di cui subisce solo l’assurda ingiustizia.

Il pensiero di questa madre e moglie ferita va tutto alle sue figlie per le quali – afferma in un modo che non nasconde una rabbia sorvegliata e composta – aveva scelto accuratamente la persona che sarebbe stato il marito e ancor più il padre ideale. Un uomo che, nei suoi progetti, avrebbe dovuto stare con loro, seguirle, vederle crescere e aiutare nelle varie tappe della vita perché questo era ciò che sarebbe stato giusto e logico. Ma la logica, il percorso così teneramente tracciato, è stato totalmente e irrazionalmente cancellato in un agguato che l’aggettivo “vile” (un vero cliché di chi scrive di cronaca nera) non basta a definire.

Assurdo, brutale, inesplicabile. Perché colpire Alberto Musy, un politico onesto, un padre di famiglia, un uomo giovane di soli 46 anni, che di mestiere faceva l’avvocato e si occupava di Diritto del lavoro? Qualunque motivazione privata o pubblica si sbriciola dinanzi al dramma in cui un odio piccolo e meschino ha scaraventato cinque donne che dovranno imparare a fare a meno dell’unico uomo di casa tanto amato. Di fronte a questo non c’è che muta commozione e la speranza che la Giustizia, almeno, faccia il suo corso.

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ultimo aggiornamento: 23-10-2013