L’artroscopia dell’anca è un esame diagnostico ortopedico che consente, con una tecnica chirurgica mininvasiva, di dare un’occhiata, dal di dentro, all’articolazione dell’anca, ed eventualmente intervenire a sanare qualche problema. La patologie articolari a carico del bacino, e quindi dell’articolazione dell’anca, sono molto comuni tra le donne, in particolare lo è una malattia degenerativa chiamata conflitto femoro-acetabolare.

Si tratta di un disturbo doloroso provocato dal fatto che la testa dell’osso femorale e l’acetabolo dell’anca, che dovrebbero, in condizioni normali, scorrere tra di loro senza attrito, confliggono, generando infiammazione che si manifesta con dolore all’anca e all’inguine che si fa più intenso dopo uno sforzo fisico.

Così come molte malattie osteo-articolari (tra cui l’artrosi), anche il conflitto femoro-acetabolare è un danno da usura, non a caso colpisce soprattutto le donne che da adolescenti abbiano studiato danza, soprattutto classica. Anche la conformazione del bacino femminile, il sovrappeso e le gravidanza possono favorire questo processo degenerativo.

Dal momento che questa malattia comporta, alla fine, un deterioramento, con lesione, del labbro acetabolare, che è la guaina che protegge la parte dell’anca che va a contatto con la testa del femore, talvolta è necessario intervenire chirurgicamente. L’artroscopia è, in genere, l’intervento più adeguato, anche perché, come abbiano anticipato, poco invasivo.

Attraverso una piccola incisione (inferiore, come diametro, ad un cm), si fa penetrare nell’articolazione uno strumento chiamato artroscopio, a fibre ottiche, che illumina la cavità articolare (la quale viene aumentata con l’inserimento di una sorta di scarpetta che produce una trazione dell’anca), e permette di rimodellare la testa femorale o dell’acetabolo, ed eventualmente di riparare la lesione al labbro acetabolare, sì da risolvere il conflitto.

Trattandosi di un intervento mininvasivo, un po’ come accade per la laparoscopia, anche il decorso post operatorio non è particolarmente lungo, anzi. Per gli interventi meno complessi si può riprendere a camminare praticamente da subito, mentre per quelli in cui si sia dovuto ricostruire il labbro acetabolare, si procede con più cautela, utilizzando delle stampelle per 10 giorni o due settimane dopo l’intervento. I rischi connessi con questo tipo di operazione sono davvero minimi, mentre l’efficacia è comprovata.

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ultimo aggiornamento: 28-03-2014