Ci si può domandare, legittimamente, se in Europa e negli Usa esistono ancora, e, nel caso, se abbiano un “senso”, i movimenti femministi che nei decenni passati hanno avuto tanta parte nel permettere alla popolazione femminile di raggiungere l’equiparazione dei diritti civili e un posto in prima linea nella società.

Dopo la seconda guerra mondiale, le rivendicazioni femminili subirono un’accelerata, dovuta al massiccio impiego della donne nelle attività lavorative in precedenza di pertinenza maschile, mentre gli uomini erano al fronte.

Questa presa di coscienza del proprio valore e della propria dignità di lavoratrici, il desiderio di emanciparsi economicamente e di poter gestire in autonomia la propria vita, godendo degli stessi diritti dei “maschi”, spinse le donne a unirsi come non mai prima.

A partire dagli anni sessanta e settanta, in Europa e negli USA, in modo prima del tutto spontaneo e in qualche modo subordinato a più ampi movimenti di protesta civile (tra cui il pacifismo), le donne si “associarono”, per combattere la giusta battaglia del raggiungimento finale della completa parità di genere.

Ma il Movimento femminista ebbe grandi ideali e grandi figure – tra cui intellettuali, come Simone De Beauvoir che con il suo testo fondamentale “Il secondo sesso”, fornì una spiegazione storico-culturale sulla subordinazione femminile nella storia e le chiavi per porvi “rimedio”, nonché decine di attiviste carismatiche – nei Paesi “capitalisti” con una omogeneità che destabilizzò una società occidentale se non machista, senza dubbio virocentrica, e ne scardinò, pezzo dopo pezzo, logiche e giustificazioni.

In Italia, Francia, Svezia, Inghilterra, donne, madri, casalinghe, operaie, studentesse, si unirono in cortei, sit in e proteste per rivendicare non solo il proprio diritto alla equiparazione di genere (stessa paga, accesso agli sudi, alle cariche professionali e politiche degli uomini), ma anche a quella della libertà di scelta sul proprio corpo.

La sessualità femminile, così a lungo mortificata, e la maternità e il diritto all’aborto divennero quindi il terreno di scontro più importante, sia in Europa che negli USA. Negli Stati Uniti, Ad esempio, nacque un movimento, che esiste tuttora, chiamato Witch (delle “streghe”), che rivendica il potere “magico” delle donne e ricorda che storicamente la capacità taumaturgica femminile, la conoscenza del corpo, la pratica dell’aborto e l’uso consapevole degli elementi naturali furono motivo di oppressione per loro, ma anche di liberazione.

Sempre negli Usa esistono tuttora associazioni di Witch che hanno fondato banche e ospedali interamente gestiti da donne, per donne. Ora come ora, però, organizzazioni come queste sembrano abbastanza inutili, in quanto la loro spinta di giusta rivendicazione si è esaurita, e ha lasciato il posto solo ad agglomerati di potere molto simili a società per azioni. In Italia il movimento femminista non esiste più, ma ne esiste lo spirito.

Tutti ricordiamo, ad esempio, l’ondata “rosa” di protesta “Se non ora, quando”? levatasi per dire basta contro la mercificazione prepotente del corpo femminile proposta dai media su spinte anche politiche che potremmo definire retrive e del tutto antistoriche. Il discorso femminista, sia in America che in Europa (dove è comunque meno forte), di impernia, più che solo sulla parità di genere, sulla carta ormai acquisita, sulla lotta alla violenza di genere, quanto mai indispensabile dopo l’ondata di femminicidi tuttora emergenza primaria in Italia, e non solo.

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ultimo aggiornamento: 25-06-2014