Ancora la parità di genere sui banchi universitari delle facoltà scientifiche d’Italia ed Europa non si è raggiunta, ma è senza dubbio un obiettivo che nei prossimi anni potrà essere centrato.

Sempre di più sono le ragazze che sognano di fare le scienziate, di mettere a frutto la propria intelligenza a preparazione per approfondire materie un tempo a quasi esclusivo appannaggio maschile, come medicina, scienze biologiche, matematica, fisica, chimica e via discorrendo.

Il pregiudizio che lo studio della scienza fosse non “compatibile” con l’intelligenza “minuta” delle donne, incapaci di grandi speculazioni e calcoli astratti, è davvero stata dura a morire, e forse non si è ancora spenta del tutto. Fin dalle scuole elementari era abbastanza comune considerare le bambine come meno naturalmente dotate per la logica e la matematica rispetto alle materie umanistiche, e forse proprio questo convincimento generalizzato finiva per produrre insicurezze anche nelle bimbe più dotate, oltre a generare vere e proprie discriminazioni.

Così, molte ragazzine finivano per orientare la scelta degli studi superiori e universitari sulla base non delle proprie reali inclinazioni e capacità, ma sull’onda del “buon senso”, considerando che i percorsi professionali diventavano molto più tortuosi nell’ambito scientifico, dove i tentativi di penalizzare le professioniste donne era una comportamento pervasivamente presente.

Non stiamo parlando delle Università medievali, ma delle stesse facoltà che ancora adesso, su e giù per lo Stivale, gli studenti e le studentesse d’Italia frequentano. Era difficile, fino a non troppi anni fa, vedere nomi femminili nelle liste dei neo laureati delle facoltà scientifiche, tanto quanto lo era vederne di maschili nella “vecchia” laurea di magistero che preparava all’insegnamento nella scuola primaria e negli istituti magistrali.

Insomma, le donne sembravano destinate a poter fare poche cose nella vita a livello di istruzione universitaria e successiva formazione professionale, ma dopo gli anni sessanta le cose cominciarono, lentamente, a cambiare anche su quel fronte. Le studentesse di oggi scelgono consapevolmente, per passione, le facoltà scientifiche per fare ricerca e per sviluppare le loro abilità tecnologiche, perché fin dalle scuole elementari non subiscono più discriminazioni di genere.

Si è finalmente capito che non esistono differenze nel cervello di maschi e femmine per quanto attiene all’apprendimento delle diverse materie di studio, esistono solo preferenze e, naturalmente, impegno e determinazione che contano quanto l’inclinazione naturale.

Le bimbe possono diventare bravissime in matematica e in scienze, spesso superando i maschi (perché sono, mediamente, più studiose), se nessuno inculca loro false convinzioni del contrario e se hanno la fortuna di avere dei bravi insegnanti che le aiutino a rinforzare la loro autostima.

Una volta che ben si comincia, si è già a metà dell’opera! La prima donna a laurearsi in medicina in Italia fu Maria Montessori, nel lontano 1896, e dal allora, a ben guardare, ne hanno fatto le donne scienziate di passi avanti. Dal Nobel Rita Levi Montalcini alla ricercatrice del Cern di Ginevra Fabiola Gianotti, sono ormai tanti i nomi italiani al femminile, nomi di ragazze e donne impegnate a far brillare le loro menti su progetti e ricerche scientifiche. Siamo grate e orgogliose di loro perché ci permettono dire: la scienza? Roba da donne!

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ultimo aggiornamento: 04-08-2014