I Turchi espugnano Costantinopoli e i bizantini nel mentre discutono del sesso degli angeli. Si, accade anche adesso, quando in verità Costantinopoli si divide fra Strasburgo e Bruxelles e i teologi che si concedono il lusso di parlare di genere maschile e femminile sono i signori nella sala dei bottoni del Parlamento Europeo.

E a farne le spese è il neoeletto Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, il quale ha pochi mesi di tempo per arrivare alla soluzione di un rompicapo sulla parità di genere. In poche parole, Parlamento dictat, se le donne nella sua squadra di commissari saranno meno rispetto alla precedente compagine formata da Barroso, potrebbe mancare l’approvazione dai piani alti al nuovo esecutivo.

Ma facciamo due riflessioni veloci per capire meglio la situazione. La Commissione, una delle principali istituzioni dell’Ue, è l’organo esecutivo in cui siedono 28 soggetti, un rappresentante per ogni stato membro dell’Unione. L’ex Presidente Barroso era riuscito a impattare le quote rosa inserendo ben 9 commissarie donne nella sua squadra, più precisamente le rappresentanti di Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Regno Unito, Cipro, Lituania, Lussemburgo, Bulgaria, Austria.

E quello che ci teniamo a dire è che siccome le nomine dei commissari sono proposte dagli stati membri, la verità è che la presidenza portoghese non ha brillato per manica larga, quanto piuttosto per fortuna, in quanto Barroso si è trovato già pronta una rosa di candidate più che onorevole.

Stessa sorte non è toccata a Juncker, che al momento può contare solo su tre donne certe, due conferme della precedente Commissione e una new entry: la svedese Cecile Malmstroem, già responsabile degli Affari Interni e dell’Immigrazione, la bulgara Kristalina Georgieva, già responsabile degli Aiuti umanitari e d’emergenza e la ceca Vera Jourova, che ancora non si sa a quale dicastero approderà.

In forse altre tre gentlewomen e più precisamente la slovena Alenka Bratusek, l’italiana Federica Mogherini e una danese “a scelta”, visto che il governo di Copenhagen offre più di un’opzione. E così facendo siamo a quota 6, ergo mancano altre tre signore che convincano finalmente Strasburgo a dare l’agognata approvazione alla Commissione. In caso contrario potrebbe esserci uno slittamento dell’insediamento.

Quello che ci viene spontaneo dire è che tutta questa spasmodica ricerca della quadratura del cerchio e della soddisfazione dell’equazione in rosa sta diventando quasi imbarazzante. Viene infatti da chiedersi se sia poi davvero così giusto bloccare un’istituzione dall’organizzazione del suo lavoro (che, pronti e via, deve essere attiva dal prossimo ottobre) perché al suo interno mancano una manciata di nomi che finiscono con la A.

Probabilmente Pinkblog farà una brutta parte, impopolare e poco “di corrente” ma anche questa faccenda delle quote rosa è sempre più antipatica. Un po’ come se servisse un adulto responsabile che dice ad un gruppo di ragazzi maschi che giocano fra loro di far partecipare e coinvolgere anche la povera ragazzina emarginata.

Questa benedetta parità di genere ha infatti il potere di tirare fuori una visione distorta della realtà: in primis sembra davvero che la politica sia una faccenda per uomini, i quali per civilizzarsi accettano di buon grado e con magnanimità di farci entrare in percentuale nel loro mondo. In secondo luogo mette le donne nella condizione di non poter sbagliare, perché se no “ecco, visto che era meglio mettere un lui”.

E non esageriamo affatto visto che proprio parlando di Commissione Europea, ancora riecheggia la brutta figura che Edith Cresson fece fare tempo addietro alla Francia e all’Europa, in quanto impelagata in affaracci di corruzione che hanno pure portato alle dimissioni collettive dell’esecutivo Santer nel 1999. Fosse stata un uomo la cosa sarebbe passata più in sordina, invece a distanza di 15 anni ancora se ne parla.

Ma quand’è che riusciremo a vedere la parità di genere non con gli occhi delle quote rosa ma piuttosto con quelli della meritocrazia? Allora si che sarà bello vedere le donne che occupano posti di prestigio, con la certezza che si trovano lì perché hanno competenze, bravura e presenza, non perché serviva la percentuale femminile. Allora si che forse anche gli uomini inizieranno a prenderci sul serio e a rispettarci.

Intanto povero Juncker, non vorremmo essere al suo posto.

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ultimo aggiornamento: 07-08-2014