Le quote rosa sì o no? Sull’idea di ritagliare dei posti in posizione di comando alle donne ci sono idee molto diverse. Ormai l’Europa è spaccata in due fazioni, tra chi sostiene sia indispensabile e chi invece preferisce comunque pensare che il merito, e non il genere, sia l’unico mezzo di selezione.

Un esempio è il caso della Commissione Europea: se le donne non saranno almeno 9, il Parlamento potrebbe non approvare il nuovo esecutivo. Potremmo quindi riflettere su questa situazione ormai mortificante, perché le signore – brave e qualificate – sono trattate come animali in via d’estinzione, perché la nostra società è abituata ad avere sempre un uomo ai vertici. Peccato che, secondo la ricerca condotta da “Catalyst”, una non-profit americana, le società guidate da femmine o quelle in cui il consiglio di amministrazione è composto da lady sono più redditizie.

È stato evidente che nel lustro 2007-2011 le società in cui nel consiglio di amministrazione sedeva almeno una donna hanno riscontrato un tasso di redditività del capitale proprio (Roe) pari al 15.3 per cento, mentre il Roe di tutte quelle società senza una quota rosa hanno ottenuto percentuali di molto inferiori: una media de 10.5 per cento. Un dato rosa che stacca quello più di quasi 5 punti che tradotto in soldi può anche valere milioni.

C’è una spiegazione legata al genere: gli economisti Rachel Croson e Uri Gneezy, per esempio, sostengono che le donne sono effettivamente meno propense al rischio rispetto agli uomini. Ciò vuol dire conservazione del capitale e meno speculazioni. Per questo motivo le società guidate da donne sono diventate aziende in cui investire, soprattutto in borsa. Per esempio, la Barclays ha deciso di promuovere nuovi strumenti come il Women in leadership total return index (Etn), un indice composto da società americane guidate da donne.

Via | Europa Quotidiano

Riproduzione riservata © 2024 - PB

ultimo aggiornamento: 12-08-2014