È finita l’era dei messaggi volgari, delle pubblicità ambigue e spesso sessiste. Molti cartelloni sono stati causa di ingorghi stradali, per l’eccessiva esposizione del corpo della donna, altri sono stati ritenuti più che offensivi. E così dopo la campagna promossa contro questo genere di spot da Milano, Rimini, Arcore, Genova, Sesto San Giovanni e Galatina, finalmente i sindaci le possono vietare grazie al protocollo per la dignità della donna e la parità di genere siglato a marzo dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria e dall’Anci.

La pubblicità spesso gioca con il linguaggio e soprattutto abusa di stereotipi. Da sempre per sponsorizzare un prodotto, che sia una bottiglia di vino o un profumo, si mettono in mostra i glutei di una bella ragazza, se invece si desidera vendere un detersivo per la casa, ci sono schiere di casalinghe disperate che sfregano pavimenti o che scelgono di cedere due dei loro detersevi in cambio di uno di una nota marca per avere bucati più bianchi.

E gli uomini? La pubblicità ha scelto il sessismo, a volte anche in modo pesante. Per esempio, durante l’estate, i cartelloni che più hanno scandalizzato sono quelli dei Sanfruit Sant’Anna. Il Comitato di Controllo del Giurì a Milano ha scelto la censura. Come mai? L’immagine mostrava i succhi di frutta accanto al lato B di una donna con le mani appoggiate sui fianchi e un costumino che poco lasciava all’immaginazione e uno slogan di cattivo gusto: “Il gusto pieno della frutta

Perché l’immagine è stata censurata? La sentenza, che noi di Pinkblog a costo di sembrare bacchettoni condividiamo, sostiene che “il corpo femminile viene equiparato ai prodotti che si pubblicizzano accostando la pienezza del gusto a quella della parte anatomica esposta”. Oltre alla prima censura milanese, anche Roma, Firenze, Ravenna e Catania hanno già preso provvedimenti in merito: nella città siciliana, il sindaco, per esempio, ha ordinato la rimozione dalle strade dei manifesti segnalati come offensivi.

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ultimo aggiornamento: 04-09-2014