Ho un tumore al polmone sinistro“, con quest’annuncio commosso a Radio radicale Emma Bonino, con la chiarezza e la sobrietà che da sempre la contraddistinguono, rende nota l’ultima sfida, in ordine di tempo, che si trova a dover affrontare.

Una sfida intima e personale che, però, non le impedirà di continuare a fare politica, perché “Io non sono il mio tumore“, ha affermato. La malattia, dunque, fa parte di lei e come tale va combattuta con coraggio e con i mezzi che la medicina offre (in questo caso la attendono sei mesi di chemioterapia), ma la sua vita non si ridurrà a questo.

Esortando tutti coloro che si trovano a dover, come lei, combattere contro un nemico interno, a “Restare persone e vivere liberi fino alla fine“, Emma conferma quello che è stato e continuerà ad essere il suo slogan politico, o meglio, la sua filosofia di vita tout court: impegno e onestà.

Perché prima che una leader radicale, una ex Ministra per gli Affari europei, ex Ministra degli Esteri ed eterna candidata alla Presidenza della Repubblica italiana, Emma è soprattutto una donna coraggiosa, controcorrente, una donna che combatte al fianco di chi non ha voce, la prima ad aver denunciato la condizione drammatica delle donne in Afghanistan, nascoste al mondo dal loro burka, ben prima dell’11 settembre e della guerra “Enduring Freedom”.

Gli inizi per questa tenace, storica leader del Partito radicale risalgono agli anni settanta (Emma è nata nel 1948 in provincia di Cuneo), dopo la laurea all’Università Bocconi di Milano in Lingue e Letterature straniere conseguita con una tesi su Malcom X.

Il nome di Emma Bonino è legato indissolubilmente ad una legge, la spesso contestata 194, che legalizza in Italia l’aborto volontario, una pratica che fino al 1978 era del tutto fuorilegge, sebbene esercitata largamente.

L’attenzione di Emma per la questione parte, come spesso accade, da un fatto privato. Come da lei stessa raccontato, due anni dopo il conseguimento della laurea restò incinta, ma decise con il suo ragazzo di non tenere il bambino. “Non usavo mezzi contraccettivi perché mi avevano detto che ero sterile… “, raccontò in seguito.

Umiliata dal dover ricorrere a mezzi illegali e clandestini per una pratica che in altri Paesi era considerata lecita e medicalizzata, Emma nel 1975 co-fonda la C.I.S.A. (Centro Informazione Sterilizzazione Aborto) ove aiuta ragazze con pochi mezzi (le abbienti andavano ad abortire in cliniche di lusso in Svizzera), e per sollevare la questione agli occhi dell’opinione pubblica, per fare uno “scandalo”, si autodenuncia per procurato aborto e viene arrestata.

E’ il momento della politica. Emma entra nel Partito radicale di Marco Pannella a prosegue in Parlamento (dove viene eletta nel 1976 a 28 anni) la lotta per il diritto all’aborto che vincerà nel 1978, quando, a seguito del referendum popolare voluto proprio dai Radicali, vien varata la Legge 194.

Le battaglie politiche e ideologiche, ma soprattutto umanitarie di Emma da quel momento in avanti sono tantissime, e in qualità di Commissario europeo responsabile della politica dei consumatori, della politica della pesca e dell’Ufficio Europeo per l’aiuto umanitario nel primo Governo Berlusconi (1994) ha la possibilità di girare per il mondo e rendersi conto delle innumerevoli realtà, a livello globale, in cui le libertà minime e i diritti elementari degli esseri umani, e delle donne in particolare, vengono violati in modo sistematico.

Nel 1997, in Afghanistan, vine arrestata dai talebani e poi rilasciata, e proprio a seguito di quella esperienza inizia una campagna di sensibilizzazione (è la prima, in Italia, ad occuparsene) contro le terribili condizioni di schiavitù in cui sono tenute le donne in quel Paese, annullate dal burka che le nasconde completamente e tenute in ostaggio dai loro uomini, che attribuiscono loro un valore pari a quello di un qualunque oggetto domestico.

Emma combatte sempre, combatte contro l’infibulazione femminile tanto diffusa nei Paesi africani, ma combatte anche contro la cecità dei Paesi occidentali che pregiudizialmente rifiutano di provare a comprendere realtà diverse dalla propria. Emma, da sola, per 4 anni si trasferisce in Egitto, a Il Cairo, per imparare l’arabo, un modo concreto, originale e coraggioso per immergersi in un’altra cultura e visionarla dal di dentro all’indomani dell’11 settembre 2001. Un modo che solo lei poteva immaginare di usare.

Da anni viene indicata come candidata papabile, sarebbe la prima donna, alla Presidenza della Repubblica. Questa volta sarebbe stata, forse, quella giusta, ma il tumore glielo permetterà?

L’Italia è pronta per un Presidente donna? Noi pensiamo di sì, e crediamo che Emma sia la persona giusta in virtù della sua esperienza e preparazione, dell’onestà, della coerenza e della credibilità politica e intellettuale, per la sua grinta e il profondo rispetto che negli anni si è saputa conquistare non solo in Italia, ma nel mondo. Coraggio Emma, vinci anche quel tuo piccolo nemico e abbatti il grande tabù italiano: il primo Presidente donna. Noi ci crediamo.

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Foto| via Pinterest

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ultimo aggiornamento: 13-01-2015