La notizia ha dell’incredibile, specie perché accade in un paese europeo candidato ad entrare nell’Unione. In Turchia, a seguito di un’indagine statistica sulle violenze domestiche, si è visto come la mentalità patriarcale della popolazione maschile, porti ad accettare e caldeggiare percosse e insulti per disciplinare le donne di casa.

La ricerca è stata avviata dall’Università di Krikkale, in Anatolia, dove il Centro per i problemi della Donna, assieme ad altre associazioni senza fini di lucro, ha stilato un sondaggio e analizzato i dati derivanti dalle risposte date. Ebbene, il 34% degli intervistati ha giudicato necessaria la violenza occasionale sulle donne e il 28% chiarisce che si tratta proprio di un metodo educativo nei confronti delle proprie compagne/mogli/sorelle.

La prima domanda del questionario era di carattere generico e si chiedeva di rispondere con “si” “no” o “non so” al quesito se fosse ammissibile muovere violenza occasionale alle proprie donne fra le mura domestiche. Risultato: 34% di intervistati favorevole, 58,6% contrario, 7,3% indeciso. Da qui poi le domande più specifiche sulla reale percezione di utilità di questa pratica. E qui un quasi 38% ha risposto che per ragioni di onore e rispetto (ovviamente nei confronti dell’uomo) il fine giustifica decisamente i mezzi.

Quello che si può erroneamente pensare è che la ricerca in questione possa essere falsata da età ed estrazione sociale degli intervistati. In verità il sondaggio è stato condotto su un campione eterogeneo di persone di sesso maschile, maggiorenni, abitanti in aree metropolitane dove gli stili di vita sono occidentalizzati e quindi, dove ci si aspetta una maggiore apertura mentale. Ebbene, non è affatto così.

In Turchia, purtroppo, è ben radicata una mentalità maschilista e talvolta misogina, che non risparmia nessuna fascia della popolazione, nemmeno quella benestante e istruita. Diede scandalo, lo scorso dicembre, il caso di Fatma Salma Kotan, deputata parlamentare sotto il governo di Recep Tayyip Erdoğan che si presentò in aula con chiari segni di percosse perpetrate dal marito ai suoi danni. Senza contare i casi di stupri di massa e violenze di genere di cui ci arriva notizia attraverso i media.

Le domande sono: quanto può dirsi sicuro un paese che non dà tutela alle sue donne? Quanto può dirsi civile un luogo dove l’occidentalizzazione delle abitudini, della moda e dei costumi non intacca la mentalità retrograda dell’uomo padrone e della donna oggetto? E in ultimo, quanto vogliamo che si parli della Turchia come di un membro dell’Unione Europea quando ancora i diritti umani basilari non sono ancora riusciti a radicarsi? Passi per l’unione doganale, ma per altre unioni ci sembra che ne debba ancora scorrere parecchia di acqua sotto i ponti di Istanbul…

Via | La Stampa
Foto | Getty Images

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ultimo aggiornamento: 16-04-2013