Oggi dedichiamo le nostre attenzioni a 3 delle auto più esclusive dei primi anni di vita della Ferrari. Si tratta di modelli speciali, nati appena dopo la mitica 125 S, che ha dato vita al sogno di Maranello.

Diamo subito i nomi: 166 M, 166 Inter e 195 S. Sono sigle importanti, che mettono i brividi nel cuore degli appassionati, specie se questo porta inciso il logo del “cavallino rampante”.

Vetture del genere sono in cima ai sogni di ogni collezionista, perché rappresentano i primi passi di un cammino che ha portato le “rosse” verso la leggenda.

Ferrari 166 MM (1948)

Al Salone Internazionale dell’Auto di Torino del 15 settembre 1948 fanno la loro prima apparizione due nuove versioni del modello 166. Si tratta di vetture che, pur derivando da una base comune, si differenziano visibilmente l’una dall’altra. Entrambe nascono dalle felice matita dei maestri della carrozzeria milanese Touring, nota anche per il suo sistema di fabbricazione denominato “Superleggera”. Vengono battezzate con le sigle: 166 S e 166 MM.

La prima, più consona ad un uso stradale, si caratterizza per la tradizionale carrozzeria tipo berlinetta 2+2, capace di garantire, grazie al passo lungo, un’abitabilità paragonabile a quella di una confortevole media. La seconda, la 166 MM, non dissimula la sua vocazione sportiva ed è molto più accattivante e ardita. E’ una vettura rivoluzionaria, per i canoni dell’epoca, e lo si evince dalla distribuzione dei volumi, che segue sentieri diversi rispetto a quelli consolidati.

La sua carrozzeria si caratterizza per la prominente nervatura che percorre la fiancata, per gli sbalzi ridotti e per una imponente griglia frontale che dona all’insieme quella forte personalità che solo le auto Ferrari sanno avere. E’ una bella creatura, ma è anche un’auto vincente e già la sigla, con quelle due “emme” accostate (che stanno per Mille Miglia), la dice lunga sulle sue ambizioni sportive. La barchetta 166, del resto, ha le giuste credenziali per potersi esprimere ai massimi livelli.

Con le sue caratteristiche tecniche di prim’ordine, è una vera opera d’arte, la cui chicca è il propulsore a dodici cilindri disegnato dall’ingegner Colombo e perfezionato da Musso e Lampredi. Disposto all’avantreno, in senso longitudinale, ha una cilindrata di 2 litri, ed è un superquadro con lubrificazione a carter umido, dotato di basamento, testa e carter in lega leggera. Le due bancate sono inclinate a V di 60° e l’alimentazione è garantita da 3 carburatori doppio corpo da 32 mm. La potenza massima è di 140 cv, erogati al regime di 6600 giri al minuto. Dotata di un cambio a 5 rapporti, la vettura vanta un’invidiabile agilità, grazie al passo di appena 2.20 metri.

Il telaio è un monoblocco in tubi di acciaio a sezione ellittica, mentre le sospensioni riprendono lo schema della 125 S, con ruote indipendenti all’avantreno e ponte rigido al retrotreno. Il peso ridotto dell’auto, pari a 650 kg, abbinato alla grande potenza espressa dal superlativo propulsore, garantiscono prestazioni eccellenti, ben rappresentate da una velocità di punta superiore ai 200 Km/h. Non occorre attendere molto per avere conferma della bontà del progetto “166”, e già in alcune gare minori di svezzamento la “rossa” evidenzia il suo potenziale. Ma la prova più attesa è la sedicesima edizione della Mille Miglia, che si disputa a fine aprile.

Sulla linea di partenza della gara bresciana la Ferrari si presenta con quattro 166 MM, tre delle quali ufficiali. La mitica sfida viene vinta da Clemente Biondetti che, con la sua barchetta, precede in classifica la vettura gemella di Sonetto. Ancora più schiacciante la vittoria conseguita alla 24 Ore di Le Mans dall’importatore americano Luigi Chinetti, che conduce il bolide per quasi tutto l’arco della gara. Nel 1950 fanno il loro esordio i motori maggiorati, ma la 166 continua a mietere successi. Al 1951 risale la consegna degli ultimi esemplari della barchetta MM (prima serie) ai piloti privati, che continuano a dominare la loro categoria, nonostante l’impegno esclusivo degli ufficiali al volante delle vetture più grosse.

Ferrari 166 Inter (1949)

Il suo nome tradisce la cilindrata unitaria, secondo un criterio identificativo ricorrente nella storia della Casa di Maranello. Deriva dai bolidi da corsa che portano il suo stesso codice numerico, ma è la prima vettura veramente stradale a fregiarsi del “cavallino rampante”. Viene presentata al Salone di Torino del 1948 ed è la capostipite di una famiglia che caratterizzerà i primi anni di vita dell’azienda fondata da Ferrari.

Eclettica e versatile, può essere adattata con precisione chirurgica ai gusti dei clienti, che la vogliono in varie impostazioni di carrozzeria (coupè, berlinetta e spider), con abitacolo a 2 o a 2+2 posti e con linee esterne disegnate da alcuni dei più celebrati maestri della scuola italiana. Le interpretazioni più note sono quelle della milanese Touring, dense di morbidi e raffinati volumi che rivestono con equilibrio formale la grintosa meccanica.

Alcuni coupè dispongono del tetto trasparente “Aerlux”, che rende più luminosa la vita a bordo. Tutti gli esemplari hanno una grande griglia anteriore, marchio di fabbrica delle “rosse” dei primi anni. Sono delle vetture comode e benevole, in grado di affrontare al meglio l’impiego quotidiano. Vantano finiture ricercate e non pagano lo scotto di una meccanica estrema. Il lussuoso abitacolo accoglie al meglio i fortunati passeggeri. Anche il bagagliaio è abbastanza capiente (…a patto di lasciare a casa la ruota di scorta!). Dagli stabilimenti Farina usciranno dei pregevoli cabriolet, frutto delle doti creative del carrozziere piemontese. Tra i punti di forza dell’auto spicca la grande agilità, dovuta al passo corto.

L’interasse crescerà nel 1950, insieme alla tenuta di strada, per meglio assecondare le superiori performance ottenute dal modello aggiornato. Il dazio da pagare è un peso maggiore, che compromette la maneggevolezza iniziale. La scuderia del piccolo 12 cilindri conta su 115 scalpitanti cavalli, a 6000 giri al minuto. E’ un vivace due litri, di grande robustezza, che non soffre le sollecitazioni prodotte dall’indole sportiva. Disegnato da Gioacchino Colombo, discende dal primo motore targato Ferrari: quello da un litro e mezzo che equipaggiava la 125 S.

La carrozzeria, interamente in alluminio, consente di contenere il peso entro gli 800 kg ma, in pochi mesi, il valore crescerà di un quintale. Il telaio in tubi di acciaio della nuova versione, più sviluppato in senso longitudinale, è strettamente imparentato con quello della barchetta degli esordi. I freni a tamburo garantiscono una discreta costanza alle decelerazioni della vettura, che non si priva di felici digressioni agonistiche. Le 166 Inter Coupè, pur votate ad un impiego stradale, faranno incetta di premi alla Coppa Inter-Europa del 1949. La produzione del modello, nelle sue numerose varianti, si protrae dal 1948 al 1950, dando vita a 36 esemplari. L’auto è apprezzata dai clienti del marchio, spinti al suo acquisto dalle trionfali uscite delle sorelle da competizione. Queste ultime, denominate 166 Corsa, si caratterizzano per le numerose varianti, che le rendono uniche e diverse l’una dall’altra.

Ferrari 195 S (1950)

Debutta al Salone di Ginevra del 1950 ed è ha una sagoma limpida e curvilinea. La grinta non le difetta e questo la rende immediatamente riconoscibile. Il suo motore di 2.3 litri, con architettura a 12 cilindri a V, nasce dallo sviluppo del 166 di Colombo, rivisto nell’alesaggio. Con la forza dei suoi 170 Cv spinge vigorosamente la nuova sportiva, con carrozzeria in alluminio, i cui 780 kg di peso sono rallentati da comuni freni a tamburo. Il telaio a longheroni con traverse in acciaio è mutuato da quello della 166 MM.

Viene prodotta in 5 esemplari. Singolare e bella la versione chiusa disegnata, come la spider, da Touring. Questa berlinetta, che garantisce maggior confort, diventa la compagna di avventura dell’imprenditore Giannino Marzotto. Riparmiandogli fastidiosi vortici d’aria e spiacevoli spruzzi d’olio, gli consente di gareggiare in doppiopetto e cravatta; uno stile elegante che porterà a distinguere l’abile driver veneto nella storia dell’automobilismo agonistico. Il debutto in gara della 195 S avviene al Giro di Sicilia, dove la “rossa” detta il ritmo fino al momento del ritiro, che lascia l’amaro in bocca ad Alberto Ascari, grande protagonista delle tornate d’avvio della gloriosa sfida isolana.

La performance lascia comunque intuire il potenziale dell’auto, che non tarderà ad emergere. Già alla Mille Miglia, nel cuore di una fitta pioggia primaverile, la nuova creatura di Maranello conquista i due più alti gradini del podio, con Marzotto e Crosara (primi) seguiti da Serafini e Salani. Una vittoria netta e autorevole, con margine abbondante su Fangio, alla guida un’Alfa 2500. Diverso l’epilogo alla 24 Ore di Le Mans, dove il risultato è pesantemente inficiato da noie tecniche che porteranno al ritiro delle Ferrari in gara. La 195 S torna a vincere, con Serafini e Salani, al Giro di Calabria dell’agosto del 1950. L’affiatata coppia di drivers precede al traguardo Cornacchia e Del Carlo, su vettura gemella.

Giovanni Bracco trionferà in alcuni degli appuntamenti successivi: alla Bologna-Raticosa, alla Vermicino-Rocca di Papa e alla Catania-Etna. Sono tre corse in salita che rientrano nel Campionato della specialità. Si disputano tra due ali di folla esultante, che abbraccia con genuino calore le imprese di un bravo pilota e di una “rossa” che, sulle tortuose strade che si inerpicano fino alle cime dei monti, riesce ad esprimersi con grande armonia, aggredendo con rara efficacia le curve, per merito di un telaio a passo corto che la rende particolarmente maneggevole. Grazie alle vittorie di fine stagione Bracco, che ha disputato le prime fasi del campionato con una 166 MM, si aggiudica il titolo Europeo della Montagna. Dalla Sport deriverà la 195 Inter, adatta ad un uso turistico (verificare). Di quest’ultima verranno prodotti 26 esemplari, carrozzati soprattutto da Ghia e Vignale. Saranno delle coupè ricche di fascino.

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ultimo aggiornamento: 09-06-2014