Le elezioni amministrative del 26 e 27 maggio 2013 si annunciano con una novità “in rosa”. Per il rinnovo delle giunte comunali, infatti, i votanti dei comuni con più di 5mila residenti potranno esprimere non una ma ben due preferenze. A patto che… uno dei due candidati sia una donna.

La doppia preferenza di genere non è, naturalmente, obbligatoria, ma se decidiamo di avvalercene, dobbiamo sapere che se dovessimo indicare due persone dello stesso sesso, allora la seconda preferenza verrebbe automaticamente annullata. Si tratta di una modifica alla normativa che rientra all’interno di quelle politiche di genere che hanno lo scopo di ridurre gli squilibri determinati dalle troppe poche figure femminili in incarichi istituzionali.

Insomma, dopo le quote rosa nei CDA delle aziende, ora anche le amministrazioni comunali dovranno dovranno essere realmente rappresentative della popolazione presentando un numero di consigliere pari a quello dei consiglieri. Le nuove norme sono recentissime, e fanno capo alla legge n° 215 del 23 novembre 2012, approvata con lo scopo di:

“Promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nelle amministrazioni locali”

Inoltre, sempre la stessa legge prevede l’introduzione della cosiddetta “quota di lista“, che pone un “tetto” massimo alle candidature di genere. Infatti non si potranno superare i due terzi della lista di candidati solo uomini (o solo donne, caso che sarebbe da segnare negli annali di storia, se mai si verificasse). Insomma, lotta dura alla supremazia maschile in politica? Bé, diciamo che è un inizio. Ci siamo spesso domandate per quale motivo le donne in Italia abbiano sempre avuto in politica ruoli marginali, tranne poche eccezioni. Sessismo? Poco interesse per la “cosa pubblica” da parte femminile o, più semplicemente, troppe difficoltà nel districarsi tra impegni istituzionali e vita privata (leggi: cura della casa, dei figli eccetera)?

Forse tutti questi fattori insieme hanno rallentato, o, meglio, ostacolato l’ascesa femminile nel mondo politico, a qualunque livello. Per questo è importante porre, per legge, dei paletti che impediscano una prevaricazione di genere come finora è sempre accaduto. Certo, forse proprio l’ambito amministrativo è sempre stato quello in cui la presenza delle donne è stata più massiccia, ma è pur sempre un primo passo. Attendiamo con trepidazione il momento in cui potremo finalmente vedere un Presidente del Consiglio donna, un Presidente del Senato donna, un Presidente della Repubblica donna. Abbiamo ancora un gran bel cammino da fare, ma forse il primo sentiero è stato tracciato.

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ultimo aggiornamento: 24-05-2013