Il dato è statisticamente impressionante: quasi il 50% della ricchezza mondiale appartiene all’1% della popolazione e sette persone su dieci vivono in paesi in cui è aumentata la disuguaglianza economica negli ultimi 30 anni.

Una concentrazione così forte di ricchezza nelle mani di pochi fortunati, secondo gli autori dell’indagine, può rappresentare un grave rischio per il progresso umano e la stabilità sociale, minacciando i sistemi politici ed economici e mettendo ai margini la gente comune, schiacciata dagli interessi delle élite.

Oxfam chiede ai leader del World Economic Forum di Davos di assumere degli impegni per correggere la rotta. Questo non deve, ovviamente, portare alla demonizzazione della ricchezza, specie se frutto di idee, intelligenza, dedizione, brillantezza.

L’uguaglianza fra gli uomini deve esprimersi nella dignità e nelle opportunità d’accesso al mercato e ai servizi, non nel ritorno economico. E’ giusto che i più capaci guadagnino di più e si arricchiscano. Del resto, pretendere che tutti incassino la stessa somma sarebbe come imporre di dare la stessa dose di applausi a una grande orchestra di fama mondiale e una banda musicale messa insieme per far volare quattro note al vento.

L’obiettivo dei governi deve essere il rigore nel pretendere il rispetto di poche e chiare regole che offrano ai nuovi attori la possibilità di accedere all’arena, magari con la speranza di raggiungere il vertice con idee vincenti capaci di rompere le barriere delle rendite acquisite. Così si renderebbe più equilibrato il quadro, distribuendo meglio le risorse.

Perché ciò accada, lo Stato dovrebbe fare da arbitro inflessibile, non da giocatore, perché altrimenti vizia la partita, impedendo il trionfo del merito, che va sempre premiato. Le collusioni sono il vero dramma e deriva da convergenze di interessi che non si risolvono ma si aggravano potenziando il potere della classe politica e dello Stato di incidere a gamba tesa e in modo perverso sulle dinamiche di mercato, che pretendono limpidezza.

Tornando ai risultati dell’inchiesta, per avere un’idea sull’ordine di grandezza delle cifre in ballo, basti dire che in cima alla lista di Forbes sui paperoni del mondo nel 2013 si è posizionato, per il quarto anno consecutivo, Carlos Slim, con un patrimonio netto di 73 miliardi di dollari. Dietro il magnate messicano delle telecomunicazioni c’è Bill Gates, con un tesoro privato di 67 miliardi, che permette al cofondatore della Microsoft di conservare saldamente la piazza d’onore.

Cambio di guardia nella terza posizione della classifica redatta dalla nota rivista finanziaria americana, con il sorpasso dello spagnolo Amancio Ortega sullo statunitense Warren Buffett. Il patron della catena di abbigliamento Zara, con 57 miliardi di dollari, ha fatto meglio dell’oracolo di Omaha, rimasto fuori dal podio con 53.5 miliardi. Sul risultato di Buffett, come su quello di Gates, ha inciso la scelta di dare in beneficienza una quota significativa dei suoi averi, ma il piacere di regalare un sorriso agli altri vale più di certi numeri, che avrebbero dato maggiore spessore al patrimonio personale.

Tornando all’elenco dei paperoni, in quinta posizione si trova Larry Ellison. Il boss della Oracle deve “accontentarsi” (si fa per dire) di 43 miliardi. Molti fra i principali player dell’élite di Forbes operano in settori strategici come l’informatica, le telecomunicazioni, la finanza, l’energia, le materie prime, l’industria e il commercio.

Via | Oxfam.org

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ultimo aggiornamento: 21-01-2014