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E’ una cornice senza precedenti: il Lago d’Iseo (dal culto degli abitanti per la dea Iside) che in questi giorni ospita l’installazione di Christo; mentre però le immagini si concentrano sull’opera del maestro della Land Art, la mia curiosità si sposta più in là, verso ciò che molti visitatori in attesa per ore, non avranno l’occasione di vedere. Christo, questa volta non “impacchetta” ma svela la bellezza della natura, e cosa sarebbe un posto così senza le tracce -fuori dai riflettori- della sua storia. Lovere, Monte Isola, Pisogne, Castro sono solo alcuni dei borghi dove l’arte caratterizza da secoli la loro identità, a partire da quella che lo storico dell’arte Giovanni Testori ha definito la “Cappella Sistina dei poveri”.

A Lovere, il lungolago offre l’occasione per una visita a Palazzo Tadini, sede dell’Accademia di Belle Arti, che fu voluta nel 1828 dal conte Luigi Tadini per conservare le spoglie del figlio Faustino. Un cenotafio nella cappella gentilizia, ricorda il giovane, scolpito da Antonio Canova, amico di famiglia. La collezione dei Tadini, è tutta qui e comprende una raccolta di opere dal ‘400 al ‘700 e una cospicua raccolta di opere neoclassiche, una biblioteca, il gabinetto archeologico in stile pompeiano, pitture, disegni ed incisioni. Per chi ama l’avventura, non perdete una passeggiata tra i boschi e gli strapiombi del Monte Cala, fino al Castelliere, un antico borgo gallico costruito a secco con le pietre dolomie erose dal monte.

Monte Isola, la “Capri del Nord”, interessata dall’installazione di Christo è l’isola che divide il lago a metà. Non è l’unica, ma in compagnia di altre due piccoli atolli lacustri: San Paolo, privata e Loreto, dove sorge il castello in stile medievale del Contrammiraglio Vincenzo Richieri. A Monte Isola tra la natura, potete visitare il borgo medievale di Novale con vicoli, sottoportici e case in pietra, e a Cure il santuario della Madonna della Ceriola del V secolo, voluta da San Vigilio, vescovo di Brescia, per sopprimere il culto pagano della dea Iside e il dio Fauno, protettore dei boschi. Si può ancora vedere un cippo-altare in pietra dov’è’ incisa la dicitura “Fa^Ni”.

La Chiesa di Santa Maria della Neve di Pisogne è uno dei gioielli dell’arte del XV sec. Una chiesa sobria esternamente: tetto a capanna, coronata da archetti e un portale in arenaria. L’interno con unica navata però è uno dei più sorprendenti doni dell’arte del ‘500. Nel 1530 la decorazione del santuario infatti fu affidato al talento di Gerolamo Romanino che affrescò il ciclo della Passione di Cristo sulla volta, l’arco santo, le pareti laterali e la facciata. Testori la definì la Cappella Sistina dei poveri, spiegando:

Guardate quassù le sibille se non sembrano donne che tornino con le loro gerle dai boschi. […] Pisogne per forza poetica tiene alla Sistina, ne è come l’alterità, l’altro modo di vivere il cristianesimo, […] Qui c’è un modo di viverlo più umile, più da eroismo popolare e montagnardo, più dialettale. […] Romanino qui fa il controcanto della parola che si fa carne, infatti prende la carne di un popolo, di una valle e ne fa verbo figurativo.

Non resta che augurarvi buon viaggio!

Foto| gazzettadellevalli, thinkingtheedge.it e Getty Images, tutti i diritti riservati

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ultimo aggiornamento: 23-06-2016