Yara è una manager americana, nata da genitori giordani e cresciuta nello Utah, ma anche saudita, poichè saudita di Gedda è suo marito. Si trovava a Riad per motivi di lavoro quando, saltata la corrente nell’ufficio, ha deciso di scendere a prendere un caffè con un collega in un modermo e trendy Starbucks vicino all’ufficio. Abituata agli USA e alla più aperta Gedda, Yara, che indossava il soprabito nero ed il velo in testa, non ha pensato alle conseguenze del gesto, o forse ignorava del tutto la legge che vige a Riad.
A Riad è vietato alle donne sedere in luoghi pubblici con uomini che non siano consanguinei, così una telefonata alla “Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio” ha fatto si che il collega fosse allontanato e a Yara fosse intimata la firma dell’ammissione del suo peccato-reato.
Yara non sa leggere l’arabo e si è rifiutata di firmare. E’ stata così privata dei suoi oggetti personali e consegnata alla polizia religiosa e non alla polizia ufficiale, fino all’arrivo del marito, corso a salvarla.
Yara è ora barricata in casa, mentre attorno al suo caso discutono intellettuali, media ed organismi internazionali per la tutela dei diritti umani. La polizia morale di Riad la considera una peccatrice. Yara ha scelto il silenzio mentre aspetta di poter tornare in America.
via| Corriere
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