Una professoressa americana di 39 anni, Norma Patricia Esparza, avrebbe ucciso il suo stupratore 18 anni fa, con la complicità del suo ex fidanzato, ma solo oggi sarebbe stata incriminata per quel delitto, e ora rischia il carcere.

La vicenda è piuttosto intricata, quasi cinematografica, e comincia nel 1995. Nell’aprile di quell’anno il 24enne Gonzalo Ramirez riesca a farsi ospitare per la notte da una studentessa del Pomona College (California, USA), di nome Norma Esparza, e qui la stupra.

Qualche giorno dopo (esattamente il 15 aprile) il corpo del giovane, letteralmente massacrato, viene trovato dalla polizia in una strada di Santa Ana, in località Orange County. Il caso rimane irrisolto per quasi due decenni, finché, e siamo nel 2012, il fascicolo viene riaperto dalla polizia di Los Angeles e si arriva all’identificazione di tutti i colpevoli.

Infatti ad eseguire materialmente l’omicidio – secondo le accuse – non fu la Esparza, ma l’allora fidanzato di lei Gianni Van, con alcuni amici, tutti condannati tranne uno deceduto tempo fa. Norma Patricia Esparza, dopo il delitto, continuò la sua vita, si laureò in psicologia diventando docente universitaria e trasferendosi in Francia. L’arresto della donna, peraltro sposata a madre di una bimba di 4 anni, è però avvenuto su suolo americano, a Boston per la precisione, dove la Esparza si era recata per un convegno.

L’accusa formale è concorso in omicidio, ma la donna nega tutto e per questo motivo non ha accettato il patteggiamento a tre anni di reclusione. Sostenuta da molte associazioni femministe, Norma Patricia Esparza afferma che a progettare l’omicidio sarebbe solo il suo ex fidanzato dopo averla costretta a identificare il violentatore in modo che lui, e suoi complici, potessero ucciderlo. Successivamente, per un breve periodo, Norma e Gianni Van si sarebbero anche sposati, sempre su pressione del ragazzo, e in tutto questo periodo la ragazza non avrebbe mai trovato il coraggio di denunciare il marito per il crimine commesso.

In una intervista rilasciata al Los Angelese Times la donna ha anche spiegato cosa la spinse, all’epoca dei fatti, a non recarsi dalla polizia per denunciare la violenza sessuale:

Non so cosa pensassi in quel momento. Sicuramente mi vergognavo. Mi sentivo in colpa. Inoltre non volevo che la mia famiglia lo sapesse

Nella Giornata internazionale contro la Violenza sulle Donne, ci pare importante riportare anche la testimonianza di questa donna che per paura della brutalità maschile (di un perfetto sconosciuto come del proprio innamorato) e mancanza del giusto sostengo, senza volere, divenne anello di una catena di violenza efferata che la rese al contempo vittima e complice. Una storia emblematica che deve farci riflettere.

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ultimo aggiornamento: 25-11-2013