Olesya Zhukovskaya è diventata, suo malgrado, il simbolo della rivolta ucraina che ha nella città di Kiev il suo infuocato avamposto. La città è ormai teatro di una vera e propria guerra civile, in cui nessuno viene risparmiato.

Le forze di polizia inviate in massa dal contestatissimo presidente filorusso Janukovy? continuano a sparare a vista sulla folla dei manifestanti, e i morti giacciono nelle strade insanguinate finché qualcuno, pietosamente, non riesce a recuperare i corpi. I luoghi pubblici, ma anche le case private, sono diventati punti di raccolta dei feriti, ove i comuni cittadini si recano per portare il proprio aiuto concreto, soldi, generi alimentari.

In questo scenario apocalittico si stagliano singole figure che grazie alla rete riescono a penetrare la cortina di indifferenza del mondo, a bypassare i tentennamenti dei vicini Governi europei, che assistono, distratti dalle proprie beghe interne, alla carneficina, e suscitare un moto di disgusto, di indignazione.

Olesya Zhukovskaya è un’infermiera volontaria, che a dispetto della sua divisa ben inconoscibile, viene ad un certo punto colpita gravemente dall’arma di un cecchino. “Muoio”, scrive allora in caratteri cirillici – «? ??????» – su Twitter, un grido estremo di rabbia e di sofferenza, ma più di tutto, lo percepiamo distintamente, di stupore, di sbigottimento. Si può morire così?

Come la giovanissima Neda, uccisa a Teheran durante la rivolta “verde” contro il governo repressivo dell’allora presidente iraniano Ahmadinejad divenne il simbolo di tutte le lotte dei giovani contro l’oscurantismo al potere, anche Olesya diventa emblema, simbolo di una protesta che è prima di tutto di e per la libertà.

Ma come Malala, che un manipolo di talebani aveva condannato a morte, ma che morta non è e in tal modo è potuta divenire il simbolo vivente della forza e della bellezza della verità, del diritto e della ragione contro la barbarie, anche la giovane infermiera ucraina non morirà.

Soccorsa, seppur gravemente ferita al collo, è stata operata e al momento le sue condizioni sono gravi, ma stabili. Tanto che la ragazza ha potuto inviare un secondo tweet in cui inneggia alla vita (ritrovata):

“Sono viva! Grazie a tutti quelli che mi hanno sostenuta e che hanno pregato per me”.

Nel frattempo, però, il suo primo, straziante tweet è stato ritwittato ovunque nel mondo, diventando volano della protesta (giusta) di Kiev. Servirà? Non lo sappiamo, seguiamo gli eventi che srotolano davanti ai nostri occhi attoniti dentro lo schermo di una tv, di un pc, di uno smartphone. Nelle nostre case sicure non possiamo che dare uno sguardo virtuale alla vicina Ucraina e sperare. Nel frattempo, una prima apertura da parte di Janukovy? alle richieste del fronte europeista (elezioni anticipate e nuova costituzione) non sembrano convincere la folla dei manifestanti.

Riproduzione riservata © 2024 - PB

ultimo aggiornamento: 21-02-2014