E’ davvero triste che nel 2014 si debba ancora parlare di discriminazione sessista verso le donne, che assume una valenza ancora più grave se tali attteggiamenti si verificano in relazione al lavoro. Sembra che il fenomeno sia ben lontano dallo scomparire al più presto ma che, anzi, ci siano sempre più casi che dimostrano di quanto la cultura maschilista sia davvero dura a morire. Come ben sasppiamo in Italia, ma non solo, vi è una forte disparità tra gli stipendi maschili e quelli femminili e, a causa della mancanza di strutture che possano aiutare le donne che diventano mamme, sono tante coloro che devono rinunciare a lavorare per accudire i figli.

Le discriminazioni sessiste sono tristemente diffuse anche ai colloqui di lavoro: quante donne si sono sentite chiedere se hanno intenzione di avere figli? Per non parlare poi di quelle che vengono licenziate non appena rendono noto di essere in dolce attesa.

Imbarazzanti gli annunci di lavoro che si rivolgono specificatamente a persone di sesso maschile o femminile, contribuendo ad alimentare gli stereotipi di genere, come se esistessero davvero professioni solo da donna o solo da uomo.

Ma ciò che è ancora più grave è che, ad oggi, la disciminazione sessista non si verifica solo sul posto di lavoro ma anche in quelli che dovrebbero configurarsi come dei templi della cultura in cui ogni forma di discriminazione dovrebbe essere abolità: l’università. Vi citerò a tal proposito un episodio di qualche anno fa ha cui ha assistito una mia amica, studentessa di Giurisprudenza; di fronte ad un vasto numero di studenti, di cui una buona metà di sesso femminile, un professore ebbe l’ardire di fare una battuta infelice chiedendo se per caso si trovava in una Facoltà di Lettere e Filosofia. Già, ancora oggi c’è chi pensa che esistano indirizzi universitari solo per donne!

Foto | Risorselim

Riproduzione riservata © 2024 - PB

ultimo aggiornamento: 28-08-2014