Certo che, per una mostra sull’affascinante universo del capello, cominciare da un curatore che di nome fa Ives Le Fur (che ad orecchie francofone o francofile non può non rimandare alla fourrure, termine utilizzato per indicare le pellicce e i manti di pelo in genere) é già una garanzia. Un ottimo punto di partenza dunque per “Cheveaux chéris”, in italiano cari capelli, l’esposizione visitabile presso il quai Brainly di Parigi fino al 14 Luglio 2013. Tra riflessioni cromatiche, potenti simbologie, perdite e trofei (come dimenticare gli scalpi indiani), il percorso presentato dal museo etnologico parigino si colloca al crocevia tra l’antropologia, la storia dell’arte, i mores, le problematiche individuali e sociali che girano intorno all’universale tema del capello.

Partendo dagli accenti frivoli che ci marcano attraverso la capigliatura e si esibiscono nel brutale dato cromatico e strutturale, si arriva a considerazioni più profonde inerenti alla personalità ed é possibile risalire, attraverso esempi rintracciati in pittura ed in fotografia, passando per la civetteria della Papouasia Nouva-Guinea e per le prodezze degli artisti della coiffure, all’idea della materia inerente all’umano e ampiamente modellabile, ma non esente da fragilità e strettamente legata alla relatività della bellezza e della salute. Un argomento che flirta con la riflessione sull’inevitabile scorrere del tempo e finisce inevitabilmente per sfociare in un portato ulteriore, evocato nel testo di presentazione:

Supporto di memoria, reliquie, talismani, i capelli conservano gran parte dell’aura e dell’energia del loro proprietario. Gran parte dell’esposizione é consacrata a questi manà che hanno originato molteplici oggetti definiti “magici” o dotati di poteri dei quali ci si appropria.

Via | quaibranly.fr

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ultimo aggiornamento: 09-01-2013