Ancora un atto di violenza. Ancora una donna vittima degli uomini. Succede in Kenya dove una ragazza con una gonna nera e una canottiera rossa è stata aggredita da un gruppo di maschi, che l’hanno insultata, strattonata, picchiata e in mezzo a una strada di Nairobi, in pieno giorno, le hanno strappato i vestiti. Per molte donne africane, questa è normale amministrazione. Non a caso nessuno ha fermato la violenza, ma si sono fermati e l’hanno ripresa con il telefonino.
Questa brutta moda di essere registi del mondo che ci circonda e non attori, qualcosa è servita. I video sono finiti online scatenando la rabbia di molti cittadini: la stampa ha ripreso la notizia e ieri, lunedì 17 novembre, centinaia di persone si sono ritrovate al parco principale della città, proprio davanti al palazzo del Governo, per manifestare il diritto delle donne a non essere importunate, violentate, maltrattate, a vestirsi come credono e soprattutto per chiedere rispetto per quella ragazza che una settimana fa è stata umiliata davanti a tutti.
Esiste poi un aspetto social di questa manifestazione, che grazie al web ha avuto un grande richiamo nazionale e internazionale. Su Twitter, infatti, ha preso il via la campagna #MyDressMyChoice e la procura generale ha assunto come prova il video e ora sta cercando i responsabili. È una bella storia e dimostra che la violenza sulle donne si combatte con una spinta dal basso, con una rivoluzione sociale. Non bisogna accettare questi episodi, bisogna rifiutare i maltrattamenti non solo quelli che ci riguardano da vicino, ma anche quelli che non ci toccano personalmente.
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