In alcuni Paesi la violenza sulle donne fa parte della vita, è normale come alzarsi la mattina e andare a letto la sera. In Tagikistan, per esempio, circa un terzo delle donne sono vittime dei mariti, dei fidanzati, dei padri o dei membri della famiglia si sesso maschile. Abusano di loro fisicamente e psicologicamente. Qui, sicuramente l’8 marzo non è stato festeggiato. Quello che però inquieta, almeno noi occidentali, è che queste donne spesso sono “complici” dei loro aggressori. Che cosa vuol dire? Non denunciano perché fa parte della loro società.

Per questo motivo Cesvi ha lanciato No More Violence. Giangi Milesi, Presidente Cesvi, ha così commentato:

“Essere donna, in molti Paesi del mondo, significa anche tutto questo. In Tagikistan, nello specifico, gli abusi ai danni del genere femminile rappresentano un fenomeno a tal punto diffuso e accettato che la metà delle donne tagike è convinta che la violenza di un marito contro la moglie possa essere tollerata. Di conseguenza, è difficile riconoscere come fattori di disuguaglianza quegli atteggiamenti che vengono taciuti e disconosciuti in quanto giustificati dalla consuetudine sociale”.

L’associazione da quasi 15 anni è presente sul territorio per aiutare le donne a inserirsi nel mondo del lavoro e creando reti di sostegno per le vittime di violenza, cercando anche di costruire una strategia comune di risposta alla violenza domestica.

“La maggiore indipendenza economica delle donne coincide con una maggiore indipendenza dagli uomini della famiglia e quindi con maggiori probabilità di ribellarsi alle violenze subite. Noi di Cesvi crediamo, da sempre, che per cambiare le condizioni di vita delle donne sia necessario riconoscere il legame indissolubile fra il miglioramento della condizione femminile e la tutela dei diritti fondamentali”.

Via | Cesvi

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ultimo aggiornamento: 09-03-2015