Cosa rende un’opera d’arte tale? Qual’è il meccanismo che porta all’esposizione in musei ed istituzioni culturali? Qual’è il meccanismo di fabbricazione delle icone e in che misura influenza la nostra idea di passato? Questi ed altri interrogativi danno corpo all’esposizione “Il teorema di Nefertiti. L’itinerario dell’opera d’arte e la creazione delle icone.” che dopo aver spinto a riflettere i visitatori in quel del Mathaf (Musée d’Art moderne di Doha in Qatar), si è spinta fin nelle sale dell’IMA (l’Institut du Monde Arabe) di Parigi.
Un riflesso delle domande che l’allestimento, curato da Sam Bardaouil e Till Fellrath, suscita a più riprese seguendo un percorso articolato in tre sezioni dedicate rispettivamente:

  • all’itinerario creativo che porta alla nascita dell’opera d’arte,
  • al ruolo del museo nell’operazione di decontestualizzazione e ricontestualizzazione dei manufatti,
  • al pubblico, sempre meno passivo e più chiamato in causa nei recenti processi di fruizione.

Una mostra che si propone di punzecchiare lo sguardo dei visitatori, per tirarne fuori i germi di quell’acuto spirito critico che molto spesso resta nascosto sotto un ingiustificato, ma comprensibile timore reverenziale. Perché l’oggetto, come chiarisce una certa volontà sillogistica del video di presentazione, si trasforma attraverso lo sguardo che lo percepisce e lo ammira, assumendo nuova sostanza.
Scopriamo così nuovamente preziosi pezzi di arte egizia, opere copte, islamiche e anche recenti produzioni, sotto un riflettore ben diverso da quello al quale ci hanno abituato le grandi collezioni esposte in tutto il mondo, e la sua fondamentale influenza sulle declinazioni contemporanee l’amore di tanti artisti noti come Paul Klee, Giacometti, Modigliani, etc…
Un Egitto vivo, che pulsa tra centauri e al di là della naftalina delle tradizionali mummie, o delle panoramiche convenzionalmente esotiche offerte in occasione delle esposizioni universali, in un movimento dissacrante e liberatorio che ben si concentra nel sarcofago tipperware di Vik Muniz e nel vaso di Coca-cola di Ai Weiwei.

La magia dell’ostensione, se non addirittura quella dell’ostentazione, il semplice fatto di esser mostrato e visto, messo in valore ed osservato, cambia la natura dell’oggetto esposto. Le condizioni nelle quali tale oggetto viene esposto o quelle nelle quali viene contemplato, modificano la maniera nel quale lo si percepisce. Tutto ciò influisce sull’oggetto che si trova nella situazione dell’esser visto: gli altri oggetti, i cartelli, i testi, la luce…E il modo nel quale lo vediamo cambia anch’esso secondo le epoche e i luoghi…Il teorema di Nefertiti registra questi cambiamenti.

Via | imarabe.org

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ultimo aggiornamento: 19-05-2013