I Comitati Pari Opportunità, questi sconosciuti. Se ne sente spesso parlare, ma alzi la mano chi ha perfettamente chiara la loro funzione, il perché e il percome della loro istituzione, chi fa muovere la carretta e chi sono i soggetti che beneficiano dei suoi servigi.

Insomma, cos’è un Comitato Pari Opportunità? Proviamo a fare un identikit il più puntuale possibile di questo istituto, aiutati nel nostro lavoro di “scansione” da qualcuno che opera all’interno. Un uomo per la precisione (sì, suona strano), il Vice Presidente uscente del CPO dell’Ordine degli Avvocati di Lecce, l’Avv. Marcello Maria Rizzo.

Dunque, partiamo da principio. I Comitati Pari Opportunità nascono con l’intento di appianare qualunque ostacolo che limiti l’uguaglianza sostanziale fra uomini e donne nell’esercizio della propria professione. Nel caso specifico quella forense, dove quasi la metà dei togati è una donna e dove, per dirne una, la disparità retributiva è anche pesantissima (la Cassa Forense stima infatti che nel 2017 il reddito medio degli avvocati donna sia stato di 23500 euro, contro i 52777 dei colleghi uomini).

Fra le funzioni del CPO c’è proprio l’analisi e il monitoraggio della condizione di avvocati e praticanti, l’elaborazione di proposte per favorire una reale condizione di pari opportunità (anche nell’accesso alla formazione), ma anche la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla questione.

I Comitati Pari Opportunità, in soldoni, vanno ad applicare gli articoli 3 e 51 della Costituzione italiana, che sanciscono rispettivamente parità ed eguaglianza dinanzi alla legge e possibilità di accesso ad uffici pubblici e cariche elettive per ambo i sessi.

Ma in realtà i CCPPOO chiamano in causa anche la Legge 132/1985, che ratificava la famosa convenzione di New York del ’79 sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione di genere e il D.lgs 198/2006, che di fatto la inserisce nelle sue disposizioni generali.

A sancirne l’effettiva nascita è tuttavia la Legge n. 247 del 31 dicembre 2012, la cosiddetta Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, dove all’art. 25 comma 4, si legge espressamente che “Presso ogni consiglio dell’ordine è costituito il comitato pari opportunità degli avvocati, eletto con le modalità stabilite con regolamento approvato dal consiglio dell’ordine”.

Comitato Pari Opportunità

Ed ecco la prima domanda, che nasce per comprendere la natura del CPO. Qual è la composizione del Comitato e come si accede?

[quote layout=”big” cite=”Avv. Marcello Maria Rizzo]Si accede per candidatura e successiva elezione a suffragio universale da parte di tutti gli iscritti all’Albo. Con questa modalità si arriva a 12 eletti, a cui se ne aggiungono ulteriori 3, stavolta nominati dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati fra i Consiglieri stessi[/quote]

Ma le donne?

[quote layout=”big” cite=”Avv. Marcello Maria Rizzo]Il CPO, nella sua composizione, ne deve contare almeno 2/3 del totale degli eletti[/quote]

Già, mai come in questo caso ci si aspetta disposizioni in tal senso, anche se il mio interlocutore non pare propriamente a favore delle quote rosa. Come dargli torto, visto che se da una parte hanno aiutato le donne, dall’altra ne hanno minato la credibilità e la professionalità agli occhi degli uomini. Per la serie “lei sta lì solo per occupare quel terzo di spazio che le spetta per legge”. In questo caso due terzi.

In realtà il pensiero dell’Avv. Rizzo mi pare più votato ad un altro principio, quello che si avvicina molto di più alle idee dell’esimia professoressa di filosofia morale presso l’Università Descartes di Parigi, Michela Marzano. Ossia che certi ruoli non meritino privilegio di genere, ma nomina o elezione per effettive competenze comprovate.

Mi tengo per me le elucubrazioni mentali, anche perché la Marzano è una fervente femminista e l’avvocato Rizzo, manco a dirlo, no. Ma decido di fare comunque una domanda scomoda. Perché un uomo sente la necessità di candidarsi al CPO?

[quote layout=”big” cite=”Avv. Marcello Maria Rizzo]Mi ha spinto la voglia di fare qualcosa per la comunità degli avvocati, spesso e volentieri troppo incentrata sul ruolo dell’avvocato maschio e non su quello della collega donna, talvolta “rallentato” dal ruolo di madre e moglie[/quote]

Continua:

[quote layout=”big” cite=”Avv. Marcello Maria Rizzo]Inoltre, si pensa erroneamente che “pari opportunità” si riferisca solo al genere femminile. In realtà il CPO ha il dovere morale di pensare alle pari opportunità a 360°, andando a tutelare anche le categorie più disagiate. Girarla semplicemente a genere se ne ricava poco o niente, è tutta una questione di educazione e buon senso[/quote]

A sostegno di quanto detto, l’avvocato mi indica il marciapiede davanti al tribunale civile di Lecce. Per anni è stata una strettoia che rendeva impossibile un comodo accesso ai disabili, impensabile al giorno d’oggi, ma vero. Grazie al CPO l’ostacolo urbanistico è stato trasformato in un passaggio praticabile da tutti. Una battaglia vinta, in tal senso, ma non la guerra.

[quote layout=”big” cite=”Avv. Marcello Maria Rizzo]Devo sottolineare con rammarico che, mentre la politica ci ha ascoltato ed aiutato ad ottenere dei risultati all’esterno, le barriere architettoniche all’interno dei palazzi di giustizia, soprattutto quello penale, sono di competenza del Ministero, il quale non sembra voler dare segni concreti di attenzione ai problemi degli avvocati e degli utenti disabili[/quote]

Per fortuna che di traguardi raggiunti ce ne sono molti altri da annoverare, nonostante i limiti delle istituzioni. Il Comitato Pari Opportunità di Lecce è stato infatti anche promotore della creazione di una sala d’attesa per situazioni disagiate e punto di emergenza presso il Tribunale Civile di via Brenta. Uno spazio dedicato a disabili, donne in stato interessante o puerperio, bambini. Ma anche della nascita di un asilo nido all’interno del Palazzo di Giustizia, aperto ai figli di dipendenti, avvocati e magistrati.

L’avvocato Rizzo mi racconta anche di doni di libri alla biblioteca del maxi carcere di Borgo San Nicola, per rendere la cultura fruibile anche da chi sconta una pena dietro le sbarre. Così come dell’istituzione di un banco di raccolta di prodotti per l’igiene personale delle detenute della Casa Circondariale, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne.

Non solo, perché il CPO, proprio per vocazione e funzioni stabilite dal regolamento, ha sempre messo a servizio della comunità il proprio sapere. In che modo? Con attività sui posti di lavoro e nelle scuole, parlando di mobbing di genere, stalking e anche bullismo. Parola chiave: educazione.

[quote layout=”big” cite=”Avv. Marcello Maria Rizzo]Diciamo le cose come stanno, se ci fosse una maggiore educazione del singolo e della comunità, i CCPPOO non avrebbero ragione di esistere, sarebbero istituti superflui. Invece nei tre anni passati nel Comitato Pari Opportunità di Lecce e più in generale nel corso dei lustri in cui ho esercitato la mia professione di avvocato, mi sono reso conto di quanto la maleducazione sia sempre alla base di ogni discriminazione[/quote]

Me lo dice spegnendo l’ennesimo mozzicone di sigaretta e gettandolo nel posacenere. Strano ma quanto mai incoraggiante, visto che accanto a noi c’è una bordura di vasi in cemento per fiori e verde urbano, dove campeggiano, fra la terra, una serie di cicche spente e gettate via con noncuranza.

Il mio interlocutore sembra piuttosto rigido sulla questione del rispetto a tutto tondo, si altera quando provo ad accennare al fatto che viviamo in una società patriarcale (parere mio e sì, difficile da far mutare), ma nel complesso il suo modo di fare e di pensare fa trasparire una certa coerenza e un certo rigore.

[quote layout=”big” cite=”Avv. Marcello Maria Rizzo]I CCPPOO in Italia stanno lavorando bene, portando il tema della discriminazione di genere in primo piano. Ogni tanto c’è qualche deviazione “ideologica”, là dove combattere le disparità di genere viene inteso come rivalsa verso il mondo maschile. A questo proposito, rilevo che nei CCPPOO la presenza maschile è limitata, vuoi dal meccanismo di voto, vuoi dalla voluta ignoranza da parte dei colleghi maschi, sani e forti (e presi dai problemi di ogni giorno), delle tante difficoltà che essere donna comporta al giorno d’oggi, del tutto incentrato sulla velocità e sulla produttività ad ogni costo. Ritengo che gli uomini dovrebbero essere maggiormente coinvolti[/quote]

Può essere, ma parlavamo di discriminazione. Ci si aspetta che in un ambito così ligio alla legge, almeno sulla carta, come è quello dell’avvocatura, questo problema non si ponga. Invece che succede?

[quote layout=”big” cite=”Avv. Marcello Maria Rizzo]Succede che le peggiori forme di discriminazione sono quelle che vedono le donne contro le donne. Mi è capitato di assistere alla negazione di una richiesta di rinvio di un’udienza, avanzata da una collega all’ultimo mese di gravidanza. Eravamo in pieno periodo estivo, un caldo torrido. Tutte le parti erano d’accordo. Il giudice, una donna, ha detto che non le sembravano esserci motivi reali per accordarlo[/quote]

Prosegue:

[quote layout=”big” cite=”Avv. Marcello Maria Rizzo]In linea generale, va detto che il nostro foro non presenta particolari criticità in tema di discriminazione di genere. Ma ci è comunque arrivata qualche segnalazione da parte di colleghe che avevano ricevuto trattamenti poco consoni alla gravidanza…[/quote]

Pari opportunità intervista

Un tasto dolente. Specie se si pensa che il CPO di Lecce, dal momento del suo insediamento, si è battuto da subito per la tutela della maternità e delle genitorialità, attraverso protocolli di udienza atti a conciliare l’esercizio della professione con le esigenze di famiglia.

A maggio scorso è anche nato, presso il Palazzo di Giustizia di Lecce, il cosiddetto “Spazio bimbo”, un’area attrezzata con fasciatoio e confort per le mamme (siano esse avvocati, magistrati, testimoni o parenti degli imputati), in grado di lasciare privacy e fornire tutte le amenità necessarie per allattare il proprio bambino o curare la sua igiene.

Ma, essere donna, madre e lavoratrice, sembra talvolta utopico e sembra anche che le prime a puntare il dito contro la categoria una e trina, siano le donne stesse. Fuori dal discorso delle pari opportunità, si assiste infatti ad una situazione grottesca che non ci è proprio aliena. Quella degli sgambetti che siamo solite farci fra noi, alla faccia della solidarietà femminile, ma alla faccia proprio della correttezza, indipendentemente dai cromosomi.

Nel caso del CPO, mi spiega l’avvocato, le segnalazioni di situazioni che ledono i principi di pari opportunità, arrivano dai colleghi stessi. Non esiste un organo di controllo che supervisioni l’operato del Comitato, ma come accade in ogni democrazia, è il voto degli elettori a confermare o cambiare i soggetti nella stanza dei bottoni.

Tutto chiaro, certo, ma il problema qui non sembra essere tanto riferito a coloro che operano nei Comitati Pari Opportunità, quanto piuttosto all’ambiente che li circonda. Ma come affronta il Comitato una segnalazione?

[quote layout=”big” cite=”Avv. Marcello Maria Rizzo]Ci muoviamo cercando, se possibile, di affrontare il problema da soli, scrivendo alle parti o convocandole per ascoltarne le posizioni. Qualora questo non fosse possibile, ci si muove investendo il consiglio dell’ordine degli avvocati o il consiglio giudiziario ed il suo comitato pari opportunità[/quote]

Vorrei saperne di più, ma il tempo è tiranno. L’avvocato mi chiede, alla fine della chiacchierata e in modo molto cordiale, se mi serva un passaggio. Ringrazio ma non mi serve, camminare mi aiuta a riflettere su quanto ho sentito e a mettere i mattoncini al loro posto.

Mi viene spontaneo pensare alla buonanima di Teresa Noce, una delle madri della Costituzione italiana. Quella che, tanto per capirci, si impuntò per fare in modo che il già citato articolo 3, dove viene riportato che i cittadini sono uguali dinanzi alla legge senza distinzione di sesso, fosse redatto esattamente com’è, senza fronzoli e senza una virgola di meno.

Chissà cosa direbbero le donne della Costituente, tanto appassionate e infervorate nell’esercizio del proprio dovere di custodi e mamme di un nuovo corso dell’Italia, dei tempi moderni. Proprio loro, tanto esigue come numero in mezzo ad un mare di uomini, ma iper consapevoli di avere il pesante compito di fare la differenza, contando le une sulle altre.

Ma penso anche ai dati impietosi dell’occupazione femminile in UE, che vede l’Italia al penultimo posto in Europa subito sopra la Grecia. La colpa? Del sistema, che spesso spinge le donne a restare a casa a fare le madri, piuttosto che fronteggiare tutte le difficoltà nel coniugare maternità e lavoro (asili nido a numero chiuso, baby sitter a costi esorbitanti, etc…).

Mi incammino, ma poi oso un’ultima domanda. Avvocato Rizzo, mi spiega perché ha deciso di non ricandidarsi al CPO quest’anno? Non mi risponde, sorride e alza gli occhi al cielo. Sarà che dopo un po’ anche i più testardi dei Don Chisciotte moderni si stufano di lottare contro i mulini a vento.

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ultimo aggiornamento: 22-07-2019