Georg Baselitz, nato Hans-Georg Kern, può assurgere al ruolo di sincretico rappresentante del “secolo breve”. La particolare contingenza che lo ha visto nascere in Germania nel 1938, sotto il regime di Hitler, per poi passare sotto quello dei comunisti della Repubblica Democratica Tedesca (denominazione ufficiale per l’allora Germania Est), e emigrare a Berlino Ovest e sconvolgere tutti i canoni della pittura e della scultura, ne fa un testimone privilegiato ed un autentico “libro aperto”, da leggere attraverso le sue opere, non ultime quelle monumentali, riunite fino al 31 ottobre a Pantin, presso la Galerie Thaddaeus Ropac.
E’ proprio il côté sombre a costituire lo scheletro concettuale della mostra organizzata alle porte di Parigi, insieme ad alcune grandi domande:

“Cosa rappresenta davvero la Germania in materia di scultura tradizionale?” Quest’interrogativo, che Baselitz si poneva negli anni ’70, gli ritorna in mente. “L’ultima cosa che mi è sembrata simpatica e caratteristica della scultura tedesca dopo l’arte gotica è stato il movimento Die Brücke, quindi Schmidt-Rottluff, Kirchner e Lehmbruck. Le mie riflessioni mi avevano condotto fin lì, ho preso un pezzetto di legno e ho cominciato.” (Georg Baselitz, 2011).

Ed eccolo fiondarsi nel vortice, ben conscio dei limiti e delle potenzialità di un’espressività che si pone i medesimi problemi concettuali, elaborando risposte ben più brutali e primitive e rifiutando ogni suggestione estetizzante che possa condurre ad un cedimento sensuale, aprendo il legno con violenza, come per permettergli di rinascere a nuova forma.

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Via | ropac.net/exhibition/le-cote-sombre

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ultimo aggiornamento: 17-09-2013