Giulio Cesare un dì disse “molti nemici molto onore” e da allora il motto arguto è stato usato e abusato in ogni occasione che ne richiamasse il senso. In questo caso è Designerblog a prenderlo in prestito per parlare di Zaha Hadid, come sempre al centro di critiche e polemiche per qualche sua mirabolante idea architettonica. In questo caso la mela della discordia è il nuovo stadio olimpico di Tokyo 2020, che lo studio londinese Zaha Hadid Architects ha redatto.

E come una solfa già sentita mille volte, anche in questo caso, all’indomani della resa pubblica del progetto, sono fioriti attacchi da ogni parte e in particolare da un gruppo di designer nipponici fra cui Toyo Ito, Kengo Kuma, and Sou Fujimoto. Il motivo del contendere? A parte forse un po’ di invidia, le critiche erano rivolte ad una struttura immaginata dalla Hadid come troppo possente, pesante e dispendiosa.

E se ci sembra di aver già sentito qualcosa di simile, la realtà è che Zaha si è sempre attirata critiche di questo tipo, come nel caso della Opus Tower di Dubai, che anche in quel caso sembrava troppo esagerata. Ma in fondo si sa che la Hadid pensa e realizza in grande, quindi gli attacchi che riceve sull’eccessivo lusso/dimensioni/materiali che mette nei suoi progetti, appaiono talvolta proprio forzati. Chi criticherebbe mai Libeskind perché la quasi totalità dei suoi progetti abitativi è a tutta altezza?

Comunque, la Hadid ha incassato e rilanciato, modificando la sua idea iniziale e rendendola più vicina alle esigenze di tutti. Materiali più leggeri, struttura meno imponente, budget ottimizzato in risposta ad una prima riduzione da parte del Japan Sport Council. Sulla grandezza dei volumi però nessun passo indietro, in quanto lo studio di Londra ha affermato che le dimensioni devono essere commisurate alla capienza prevista, ossia 80mila persone.

Ora, dopo la manifestazione di piazza di sabato scorso, all’urlo di “vogliamo olimpiadi più economiche”, non sappiamo se la Hadid e il suo team dovranno rivedere ancora una volta i loro disegni per renderli meno attaccabili. Certo è che botte piena e moglie ubriaca difficilmente si possono avere. Quindi c’è solo da decidere se Tokyo 2020 vuole essere ricordata per la sua magnificenza o per la sua economia, rammentando sempre che strutture più accoglienti saranno pure più esose, ma a lungo termine fanno anche ingrassare il PIL.

Lo sapranno questo gli architetti manifestanti?

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Via | Dezeen

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ultimo aggiornamento: 10-07-2014