Vi siete mai domandate per quale motivo il cosiddetto cibo-spazzatura ci piace così tanto? Perché più ne mangiamo e… più ne mangeremmo? Patatine fritte in busta, biscotti ripieni (ad esempio quelli che racchiudono una farcitura di morbida crema candida dalla sconosciuta composizione), merendine, snack salati, bibite zuccherate con bollicine artificiali e dai colori improbabili, e naturalmente il cibo da fast food, sono una vera leccornia per il nostro palato. Altro che ostriche e caviale!

Razionalmente siamo consapevoli di quanto questo tipo di alimentazione sia nocivo per la nostra salute, ma poi ricadiamo nelle solite abitudini, perché mangiucchiare cibo confezionato, stracolmo di zuccheri, di sale e di grassi ci “coccola”, ci gratifica e… ormai ne siamo dipendenti. Ebbene sì, come una droga, il cibo spazzatura è stato studiato apposta per costare poco, avere un valore nutrizionale irrisorio, e soprattutto per creare dipendenza nei consumatori.

Non a caso, si tratta proprio del principale responsabile dell’epidemia di obesità (e patologie correlate) che da decenni flagella i Paesi più industrializzati, soprattutto colpendo le fasce più povere. Perché la verità è che questa roba è low cost, la trovi ovunque, persino nei distributori automatici degli ospedali, ha un gusto tanto artificiale quanto delizioso, e il nostro corpo, una volta conosciutolo, non riesce più a farne a meno. Fateci caso: una fragrante crostata fatta in casa, con marmellata di frutta fresca, ci piace, certo, la mangiamo volentieri, ma non ci crea lo stesso vincolo di dipendenza di quel pacco di biscotti farciti al cacao che costano pochissimo e che sono tanto buoni… Un buono totalmente diverso, eppure sempre di dolci si tratta! Quale sarà l’arcana spiegazione?

Ha provato a fornircela il giornalista americano Michael Moss (un premio Pulitzer, mica un povero “blogger” come noi!) dopo aver effettuato una sorta di viaggio-reportage durato tre anni, all’interno delle principali industrie alimentari USA che producono proprio cibo-spazzatura (ma loro non amano che lo si definisca così). Il saggio che ne è scaturito si intitola “Sale, zucchero, grassi: come i giganti dell’industria alimentare ci hanno agganciato“, e spiega come sia possibile creare dipendenza “scientifica” da un alimento confezionato, basta trovare il perfetto “bliss point” del gusto, ovverosia il punto di beatitudine.

Dopo accurati studi, infatti, gli scienziati ai quali dobbiamo la creazione di questi mirabolanti prodotti alimentari “col trucco”, hanno trovato il modo di manipolare materie prime di scarto con “pompate” di grassi idrogenati, di glucosio e di sodio, per riuscire a rivestirle di un gusto delizioso che in realtà non potrebbero avere. E per meglio raggiungere il loro scopo, ovvero quello di vendere il più possibile, hanno diversificato la percentuale di additivi a seconda del target di riferimento. Il bliss point dei bambini, ad esempio, lo si ottiene aumentando il livello di zuccheri del 36% in più rispetto ai prodotti destinati agli adulti, per i quali è più appetibile un cibo salato.

Peccato che tutte queste aggiunte abbiano modificato la nostra percezione gustativa a livello cerebrale, facendoci trovare gli altri alimenti “naturali“, quasi insipidi, sicuramente molto meno gratificanti. Insomma, come si evince, un bel gioco di prestigio che, ahi noi, nuoce gravemente alla salute. Per sottolineare quanto sia poco raccomandabile seguire questo tipo di alimentazione, Moss ha raccontato che guardacaso nessuno dei big manager delle industrie alimentari di cibo-spazzatura consuma ciò che lo rende ricco.

Tutti seguono diete salutistiche in cui abbondano materie prime freschissime e di prima qualità. Tuttavia, sembra che le cose siano destinate a cambiare a breve. Le persone sono diventate più consapevoli, il “gioco” delle multinazionali dell’alimentazione è stato svelato e denunciato da più autorevoli fonti, e molte industrie stanno cambiando rotta, studiando prodotti che siano buoni ma anche sani. Alla luce di queste scoperte abbastanza allarmanti, è comunque bene che ciascuno di noi si prenda la responsabilità di controllare accuratamente qualità e provenienza di ciò che porta in tavola, per sé e per i propri bambini. Alimenti di cui possiamo riconoscere l’origine e distinguere i singoli sapori senza bisogno di aggiunte, sono senza dubbio da preferire, così come la cara, vecchia dieta mediterranea.

Foto| di Yamada Taro per Publicdomainpicturese

Riproduzione riservata © 2024 - PB

ultimo aggiornamento: 23-03-2013