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Brancusi sapeva ricominciare come tutti gli artisti ambiziosi sanno fare: senza lasciare indietro del tutto i suoi esemplari. L’opera Uccello nello Spazio del 1940 in bronzo lucidato a specchio, non si può definire solo una delle 16 repliche, ma è un’opera a sè, che è parte di una “discendenza”. Oggi nella Collezione Peggy Guggenheim di Venezia è simbolo di una rivoluzione per la scultura del ‘900, che ha dato un nuovo impulso all’Avanguardia.

Una rivoluzione non estetica, ma filosofica quella di Brancusi, che al contrario del Cubismo, riduceva ogni elemento della realtà all’essenza assoluta. A questa sintesi della forma arriva dopo lo studio presso l’atelier di Rodin nel 1907, dopo l’esperienza a Parigi tra Cézanne e Picasso e dopo il recupero della plastica primitiva. Brancusi elabora a piccoli passi la materia, la trascende fino a renderla spirituale e viva. Lo spazio, l’aria che circonda la scultura, la vicinanza stessa delle sculture tra loro, modifica la percezione della forma, trasformandole in organismi vitali. La percezione desiderio di realtà e non di astrazione.

Brancusi si dedica molto al tema del volo ma solo nell’opera a Venezia raggiunge con intensità il suo obiettivo. L’opera è l’essenza di tutti gli uccelli, simbolo di spiritualità, nella sua forma affusolata e nei suoi riflessi che rendono difficile la percezione dei confini. La percezione della realtà la gioia dell’anima liberata dalla materia, per Brancusi è un sentimento sempre più lontano dall’astrazione.

Uccello nello Spazio fu al centro di un caso giudiziario nel 1928 quando per passare dalla dogana americana fu tassata come un qualsiasi oggetto. Dopo il ricorso dell’artista, il giudice stabilì invece che si trattasse di un’opera d’arte.

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ultimo aggiornamento: 30-05-2016