Vi presentiamo una selezione delle più belle frasi di Manuel Agnelli, frontman degli Afterhours e giudice di X Factor.
Manuel Agnelli è un vocalist, cantante e polistrumentista noto per essere il leader degli Afterhours oltre che uno dei giudici più amati del programma X Factor. Una delle qualità che l’hanno reso popolare tra il pubblico è senza dubbio la sua schiettezza: di seguito vi proponiamo una selezione delle sue frasi più belle.
Le più belle frasi di Manuel Agnelli
Manuel Agnelli ha debuttato giovanissimo nel mondo della musica. Nato nel 1966, nel 1985, a Milano, ha dato vita agli Afterhours insieme a Lorenzo Olgiati e Roberto Girardi, consolidando poi la formazione con l’arrivo di Paolo Cantù. Sempre attivo nel promuovere la scena indipendente, nel 1989 ha poi fondato l’etichetta Vox Pop, producendo 90 dischi di band emergenti e affermate. Ecco una selezione delle sue frasi più belle e significative:
- E’ il vostro conformismo da anticonformisti che proprio non sopporto.
- Il progresso morale negli ultimi anni è una merda rispetto a quello tecnologico, siamo degli uomini preistorici che usano delle cose pazzesche. E non sono l’unico a dirlo, c’è un nutrito gruppo di intellettuali ben più importanti di me – tra cui anche David Foster Wallace o Jonathan Franzen – che la pensano così.
- Sei impostato a livello emozionale. Le emozioni non si impostano.
- La cultura è politica. È politica nel momento in cui promuove delle idee e quindi prende posizione. È politica nel momento in cui promuove il pensiero, stimola il pensiero, stimola idee nella testa della gente e quindi aiuta la gente a prendere posizione. È politica anche quando è più strettamente connessa con il sociale e con la vita politica, cioè quando fai informazione.
- Tutti che si domandano cosa vuole il pubblico, ma il pubblico non sa quello che vuole.
- Bisogna sporcarsi le mani, influenzarsi a vicenda, o non si va da nessuna parte.
- Noi non facciamo un disco chiedendo “cosa vorrà la gente”. Se oggi decidiamo di fare musica per vendere dei dischi, allora siamo dei coglioni.
- Mia figlia Emma è molto curiosa, c’è una complicità naturale, è facile stabilire il contatto. Suona, disegna benissimo e va a scuola di fumetto. Però non cerco di essere suo amico: sono suo padre, devo essere un punto di riferimento. Sono diventato amico del mio a 40 anni, quando è nata mia figlia. Mi ha aiutato che lui fosse intransigente, mi ha fatto capire che nella vita c’è il bianco e il nero, meglio di uno che ti coccola.
- Prendere l’iniziativa attira molti nemici che ti rinfacciano la presunzione di darsi da sé la patente di innovatore o rivoluzionario. In realtà ognuno fa quello che può, e così io.
- Credo in quello che faccio al di là dei risultati. Col Tora Tora, ad esempio, non pensavo di cambiare lo stato della musica italiana in pochi mesi, o pochi anni. Si tratta sempre di processi lunghi, ma cose del genere contribuiscono sempre al cambiamento. Il fatto è che serve tempo, e la gente ha poca pazienza. Anche perché in Italia siamo molto provinciali, pieni di divisioni e campanilismi, anche nella musica.
- La stampa musicale una volta la leggevo assiduamente, specie da ragazzo. E penso che alcune riviste siano state fondamentali per lo sviluppo della scena musicale italiana, e anche per la sua crescita. Mi riferisco ai musicisti, naturalmente, ma anche al pubblico. Meno bene penso della stampa generalista, che alla musica ha sempre dedicato poca attenzione. Ultimamente le cose a dire il vero stanno cambiando, i grandi giornali danno alla musica un sacco di spazio. Peccato che stia accadendo in questo momento di grande crisi della stampa. E forse non è un caso.
- Vedo un’Italia che può esportare idee che può esportare creatività e che può, in questo, avere un grossissimo futuro, un grossissimo posto nella comunità internazionale.
- Le divisioni che ci sono fra le arti e anche all’interno dello stesso ambito in Italia, sono dovute un po’ al provincialismo che ci contraddistingue da sempre come popolo, purtroppo. Ma tanto anche dalla paura, la paura di sporcarsi le mani, di essere contaminati in maniera diversa da quella che cerchiamo.
Frasi di Manuel Agnelli
Come produttore artistico, Manuel Agnelli ha collaborato con nomi come Cristina Donà, Marco Parente e Patty Pravo, confermando la sua capacità di navigare tra generi e stili diversi. La scelta di partecipare come giudice di X-Factor ha poi mostrato una volontà di condividere la sua esperienza con le nuove generazioni di musicisti. Ecco un’altra selezione delle sue frasi più belle:
- Nessuno parla di tumore nella musica oggi, c’è ancora un tabù enorme, intanto ti muoiono gli amici intorno. Siamo un Paese di scaramantici gratta-palle, anche nell’arte, ed è brutto, volgarissimo, perdere la consapevolezza del racconto della realtà. Non ci siamo messi il cilindro nero, ma allo stesso tempo se suoni in un gruppo rock come il nostro devi parlare di cose di cui gli altri non parlano. Può essere anche uno sfogo catartico.
- Su internet c’è una libertà totale e ognuno ne fa l’uso che crede. Sulla carta le parole rimangono, e prima di scrivere qualcosa magari ci si pensa su due volte. Nel web non ci sono filtri, molti scrivono senza ragionare. E questo vale anche nel giornalismo musicale: a volte mi sembra che certi commenti siano soprattutto frutto di una frustrazione personale.
- Milano è “bilanciocentrica”, la cultura e l’attenzione per il sociale non esistono. Ma confidiamo nei suoi eroi e nei loro maglioncini magici per risolvere la situazione: un esercito di Ferocissimi Bloggettari Anonimi contro il sistema, ma solo dopo l’aperitivo.
- L’ultimo compito che è rimasto ai gruppi rock oggi, è quello di raccontare cose scomode, perché ormai il rock ‘n’ roll da tempo non è più rivoluzionario.
- Milano prima era una bomba rivoluzionaria, non solo nell’arte, e poi è diventata sempre più attenta solo alla grafica, all’immagine, alla moda.
- La nuova generazione di cantautori e musicisti ha perso il treno, perché è figlia di un’estetica che li ha condizionati troppo: sono carini, simpatici – per carità! – e sono pettinati meglio di noi, ma il messaggio che lanciano non ha la forza di quello della generazione degli anni ’90, che infatti ha creato una scena enorme. Eravamo imperfetti sotto molti punti di vista, però parlavamo con la pancia, con una sincerità non mediata.
- La cultura può aiutare le persone a reagire a un certo tipo di situazione, dando comunque la lucidità e la consapevolezza per poter prendere posizione. Nel nostro paese in particolare, io credo che, nel lungo periodo, la cultura sia una delle poche cose che si potrebbe coltivare e che, quindi, potrebbe rappresentarci.
- Da adulti – ormai andiamo tutti tra i 40 e i 50 – gli Afterhours sono il megafono più grande che abbiamo per dire quello che vogliamo. È una fortuna, ma anche un dovere.
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