Alzi la mano chi non ha mai dato dei nomi alle auto che hanno guidato. Scommettiamo che le mani alzate sono poche, perché è un’abitudine che colpisce anche le persone più insospettabili. Dare un soprannome al mezzo con cui ci spostiamo quotidianamente è comune, anche se, effettivamente, non ci sarebbe bisogno di farlo.
Ogni automobile quando esce dalla casa madre è completa di tutto. Ha una carrozzeria, un motore, dei sedili rivestiti e tanti optional che fanno la gioia di tutti gli automobilisti del mondo. C’è anche un’altra cosa che caratterizza una macchina quando viene immessa sul mercato e magari consegnata bella fiammante al concessionario per mettersi in bella mostra. Ha un nome e un cognome.
Il cognome è dato dalla casa di produzione, che di fatto ne stabilisce anche la nazionalità di nascita. Mentre il nome è dato dal modello. Se dietro a questo battesimo ci sono bellissime storie da raccontare, delle vere e proprie leggende legate ai modelli di automobili più famose a livello internazionale, che hanno fatto la storia, chissà perché quando ci danno le chiavi in mano una delle prime cose a cui pensiamo è: adesso che nome do alla mia macchina?
Dare soprannomi ai propri veicoli è un’usanza che colpisce automobilisti di sesso maschile e di sesso femminile. Con una piccola curiosità. Pare che la maggior parte degli uomini dia ai propri mezzi di spostamento nomi femminili. Al contrario le donne scelgono nomi maschili. Ci sono poi celebrities diventate famose per i nomignoli affibbiati, abitudine che ritroviamo anche nel mondo dello sport o del cinema. Lo sapevate che ogni anno alla Ferrari che corre il Gran Premio viene dato un soprannome? Ed è sempre un nome di donna italiano. Ma perché lo facciamo?
Dare un nome alle auto le rende più umane
Chiamare le cose con il loro nome serve a renderle reali e concrete. Dar loro un nome di battesimo o semplicemente un soprannome le trasforma in qualcosa di più di un semplice oggetto. O, in questo caso, qualcosa di più di un mero mezzo per spostarsi più velocemente e comodamente. L’auto diventa nella maggior parte dei casi un’amica, una compagna di avventure, anche una confidente, viste le tante telefonate (rigorosamente in vivavoce, mi raccomando) con cui ci intratteniamo al suo interno.
Trascorriamo molto tempo all’interno delle nostre auto, impossibile non creare un legame con loro. Anzi, impossibile non dare alla propria macchina caratteristiche tipicamente umane, per quel processo di antropomorfismo che ci spinge a fare la stessa cosa anche con altri oggetti.
I soprannomi per auto più diffusi
Una recente ricerca inglese ha svelato che nel regno di sua maestà i nomi più diffusi sono femminili. Ad esempio Fifi, Minty, Sylvia, Pearl, Ava e Ruby. Ma non mancano i nomi maschili come Henry, Roger, Neville, Bernard. E c’è anche chi scomoda grandi personaggi come Napoleone, David Beckham o altri. Negli USA, invece, i soprannomi più diffusi sembrano essere Aiden, Riley, Max, Ava, Ella e Grace. E in Italia? Di sicuro tutti noi abbiamo dato un nome alla nostra auto, utilizzando vezzeggiativi come Carolina, Martina, Camilla, Bettina, Giacomina. Ma anche la Berta o la Carla, rigorosamente con ‘articolo davanti.
L’arte di battezzare un nuovo modello
Se ci pensiamo, però, dietro ai nomignoli che noi diamo ai nostri mezzi personali e ai nomi scelti dalle case di produzione per i nuovi modelli spesso dietro c’è una bellissima storia. Nel nostro caso ricordi, momenti vissuti, esperienze, persone che hanno fatto parte della nostra vita. Mentre nel caso dei più grandi brand automobilistici ci sono suggestivi racconti che di fatto sono entrati nella leggenda.
Enzo Caffarelli, storico dell’Onomastica, nel libro”I nomi delle automobili“, racconta alcuni aneddoti che non sono forse così tanto conosciuti. Ad esempio la Giulietta deve il suo nome al fatto che nel gruppo di ingegneri dell’Alfa riuniti in un ristorante parigino un principe russo ha notato che c’era solo una donna. L’unica “Giulietta fra tanti Romei“. Da qui un nome che è leggenda, ormai.
Mentre il Maggiolino o la Topolino non sono i nomi ufficiali delle due vetture, ma i loro soprannomi. Dati proprio per la somiglianza della loro carrozzeria. Mentre la Mercedes deve il suo nome a una bambina, figlia del console a Nizza dell’impero austro-ungarico Emil Jellinek. La sorellina si chiamava Maja, ma hanno preferito optare per il nome dell’altra bambina. Che oggi è iconico in ogni angolo del pianeta.
Ma ci sono anche dei nomi che, invece, abbiamo dovuto dimenticare in fretta. In Francia, ad esempio, per fortuna nessuno ricorda più la Toyota MR2, che in lingua locale suonava del tipo “Toyota est merdeux“. Non proprio quello che si dice un’ottima pubblicità!
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