A proposito di presepe napoletano tutti ricordano, all’interno della commedia “Natale in casa Cupiello” di Eduardo de Filippo, il celebre scambio di battute tra padre (Luca Cupiello) e figlio (Tommasino detto Nennillo):
“Ma a te…te piace ‘o presepe?”
“No. Nun me piace. Voglio ‘a zuppa ‘e latte!”
Protagonista la rappresentazione della natività, tradizione che ogni buon napoletano che si rispetti porta avanti – nella commedia Luca Cupiello ne è addirittura ossessionato in maniera maniacale -.
L’arte presepiale, rimasta inalterata nonostante il passare del tempo, è una delle consuetudini natalizie più seguite. A partire da via san Gregorio Armeno, la spettacolare stradina di Napoli che ospita le botteghe degli artigiani che durante tutto l’anno producono statue, modellini e oggettistica, tutto quello che serve per costruire un bel presepe tradizionale. E perchè no, anche con qualche elemento moderno, come i personaggi legati alla cultura popolare (televisione, politica, sport).
Presepe napoletano: la storia
Le origini del presepe napoletano affondano in un periodo che va dal 1025 passando per Trecento e Quattrocento, ma è solo nel 15mo secolo che ritroviamo i primi scultori di figure, tra cui i celebri fratelli Giovanni e Pietro Alemanno (1470). Il periodo d’oro per l’arte presepiale invece è il Settecento.
Uno degli esempi più belli di presepe napoletano è quello che si trova nella sala Ellittica della Reggia di Caserta: l’allestimento, del 1988, recupera pezzi risalenti al XVIII secolo e anche i materiali utilizzati sono gli stessi che si usavano all’epoca.
Come costruire il presepe napoletano
Il presepe napoletano, ambientato nel Settecento, si costruisce rigorosamente a mano, pezzo dopo pezzo. A Napoli si usa persino ampliarlo di anno in anno.
Partendo da zero, si inizia ovviamente con lo schizzo del progetto che si vuole realizzare: l’importante è che non manchino – insieme agli ambienti- i personaggi e gli elementi tradizionali.
Personaggio quasi obbligatorio è il dormiente Benino o Benito, che sogna il presepe e che non va mai svegliato, altrimenti il presepe stesso sparisce. Seguono il vinaio e Cicci Bacco (ovvero il dio del vino), il pescatore (simbolo del ‘pescatore di anime’), i due compari zi’ Vicienzo e zi’ Pascale (la personificazione del Carnevale e della morte), il monaco (simbolo di un’unione tra sacro e profano), la zingara che porta un cesto di arnesi per lavorare il ferro (in riferimento ai chiodi della crocifissione di Cristo), la vergine Stefania (legata alla leggenda delle origini della festività di Santo Stefano), la meretrice vicino all’osteria, i Re Magi, e 12 venditori (uno per ogni mese dell’anno).
Per quanto riguarda i luoghi, nel presepe napoletano deve assolutamente esserci il mercato con i banchetti dei venditori che simboleggiano i mesi dell’anno, il ponte (simbolo di passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti), il forno (legato al pane, elemento che rappresenta il corpo di Cristo nella liturgia cristiana), la Chiesa o un crocifisso, la già citata osteria (in ricordo di quelle che non diedero ospitalità alla Sacra Famiglia), il fiume e il pozzo.
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