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Proverbi umbri in dialetto con traduzione in italiano

Proverbi umbri in dialetto con traduzione in italiano

Vi proponiamo una selezione di proverbi umbri in dialetto, accompagnati dalla relativa traduzione in italiano.

Regione che vai, modi di dire in dialetto che trovi. Vi presentiamo una selezione dei proverbi umbri più famosi, con relativa traduzione in italiano. Se avete in mente un viaggio a Perugia e dintorni, mettetevi alla prova, oppure fatelo per semplice curiosità.

I proverbi umbri più famosi

L’Umbria, così come tutte le altre regioni italiane, vanta bellezze uniche nel suo genere. Tralasciando i centri più grandi e conosciuti come Perugia e Assisi, ci sono tanti altri gioiellini che meritano una visita: da Narni a Todi, passando per Spello, Bevagna e Corciano. Girovagando per questi bellissimi borghi potreste anche sentire gli abitanti pronunciare alcuni dei proverbi più famosi. Se non volete farvi trovare impreparati, date un’occhiata alla selezione dei modi di dire che abbiamo preparato per voi:

  • Chi ccià la mojie bella sempre canta e chi ccià pochi quatrini sempre conta. (Chi ha la moglie bella canta e chi ha pochi denari li conta sempre)
  • Occhi vianchi e capilli rusci nte fidà se ni cunusci. (Occhi bianchi e capelli rossi, non ti fidare se non li conosci)
  • Chi và a letto che je rode ‘l culo, s’alza che je puzza ‘l deto. (Chi ignora i propri problemi, prima o poi se li ritrova davanti)
  • Finirno i pregiutti anche ta Sorbo. (Sono finiti i prosciutti anche a Sorbo, per dire che c’è rimasto poco di ciò che c’era all’inizio)
  • Chi se rinnova lu giornu de Maria, è libiru da ogni maladia. (Chi indossa l’abito nuovo il giorno di Maria, è libero da ogni malattia)
  • “Veni avanti e provarai!” disse lu voe a lu jovenco. (“Quando crescerai ti renderai conto cos’è la fatica!” disse il bue anziano al vitello giovane)
  • Anno fungaru, annu tribulatu. (Anno ricco di funghi, anno “tribolato”)
  • Maggiu asciuttu, pan per tuttu. (Maggio asciutto, pane dappertutto)
  • L’acqua de febbraru arrempe lu granaru. (L’acqua di febbraio riempie il granaio)
  • Santa Lucia ‘l giorno più curto che ci sia. (Santa Lucia il giorno più corto che ci sia)
  • E’ caduto de la padèla ‘n tu la brège. (E’ caduto dalla padella nella brace)
  • E’ come mette la cravatta a lu porcu. (E’ come mettere la cravatta al maiale, per indicare una persona grezza cerca di ostentare raffinatezza)
  • Ecco, fa come i perugini che pe’ fa i fini dal pane je dicono ‘l pène. (Ecco, quello la fa come i perugini che per essere raffinati chiamano pène il pane)
  • Va’ a fà ‘l bene dai somari. (Vai a far del bene ai somari)
  • A la Madonna Candelora de l’inverno sémo fòra. (Per il giorno della Madonna Candelora dall’inverno siamo fuori)
  • C’entra perché ce cape. (C’entra perché non può essere altrimenti)
  • Anghe la prèscia vòle lu tembu sua. (Anche la fretta ha bisogno di tempo)
  • Co n’ occhio guarda Assisi e co’ uno Spoleto. (Con un occhio guarda Assisi con l’altro Spoleto, per dire che una persona è strabica)
  • Ta lassa sta’ ‘i hon fregat la moglie. (A quello che diceva di lasciare sempre stare, alla fine gli hanno rubato anche la moglie)
  • Artornà’ ntoll’ovo. (Tornare nell’uovo, per dire tornare bambino)
  • A casa de’ sonatori se sona male. (A casa dei suonatori si suona male)
  • Dall’antru munnu in ‘è tornatu mai niciunu. (Dall’altro mondo non è tornato mai nessuno)
  • Fa quel ch’il prete dice, no’ quel che il prete fa. (Fa quello che il prete dice, non quello che lui fa)
  • Se a lu vescuvu de Terni je casca lu pastorale, je va for de diocesi. (Se al vescovo di Terni cade il pastorale, gli esce dalla diocesi)
  • N’ s’arbat’ un chiodo. (Non si ribatte un chiodo)
  • Zént trista nominat e vista. (Persona cattiva nominata e vista)
  • Cane c’abbaia non mozzica mai. (Cane che abbaia non morde mai)

Proverbi umbri per tutte le circostanze

Ovviamente, i proverbi umbri possono variare in base al dialetto della zona in cui vi trovate. Di seguito, un’altra selezione dei detti popolari più famosi:

  • Costa più che ‘l sale a Perugia. (Costa più che il sale a Perugia, per indicare qualcosa di molto caro)
  • Chi rubba ccià la robba, chi lavora ccià la gobba. (Chi ruba ha la roba, chi lavora la gobba)
  • La donna e lu focu vo’ stuzzicati ‘gni pocu. (La donna e il fuoco vanno stuzzicati)
  • Quanno pozzo m’appallozzo, spesso pozzo. (Quando posso mi riempio la pancia, spesso posso)
  • Chi va co lu cioppu o ciòppica o scjanchìa. (Chi va in compagnia dello zoppo, o zopicca anche lui o comunque cammina in modo strano)
  • Tanto chi rubba che chi tène er sacco. (Sia quello che ruba che chi tiene il sacco è un ladro)
  • Morto Cristo, smorzati li lumi. (Morto Cristo, spegnete le luci, per dire che dopo un atto triste non se ne parla più)
  • Quanno so’ troppi galli a cantà ‘n sé fa mae ghjorno. (Quando sono troppi galli a cantare non si fa mai giorno)
  • Co lu tempu e la paia maturaro nchì e nespule. (Con il tempo e la paglia maturarono anche le nespole)
  • L’avaru è come lu porcu, è bonu quann’è mortu. (L’avaro è come il maiale, è buono quando è morto)
  • Lu stracciusu passa pe’ puzzulusu. (Lo straccione passa per puzzolente)
  • Chi vole ‘l pan sel fetti, chi ji rode ‘l cul sel gratti. (Ognuno pensi per sé)
  • C’ho pochi spicce e poche da spiccianne. (Ho pochi soldi e pochi da cambiarne, per indicare coloro che dicono le cose in faccia)
  • Se stìa mejo aunno se stìa pegghio. (Si stava meglio quando si stava peggio)
  • Esse’ tutto ‘n culo e ‘n par de brache. (Essere tutto un culo e un paio di calzoni, per indicare due persone che hanno molta confidenza e si capiscono al volo)
  • Ottenuta la grazia e gabbatu lu santu. (Ottenuta la grazia e gabbato lo santo)
  • L’infernu è pieno d’avvocati. (L’inferno è pieno di avvocati, per dire che le malelingue si trovano ovunque)
  • Fra la socera e la nora lu diavulu laora. (Fra la suocera e la nuora il diavolo lavora)
  • Lu diavulu tenta tutti. (Il diavolo tenta tutti)
  • Bellezza un si ne magna. (Dalla bellezza non si mangia)
  • Norcia, Cascia e Visse, Dio li fè e poi i li maledisse. E ppu’ rivordò la mano e benedisse Cascia, Norcia e Visse. (Questo detto allude al fatto che queste cittadine sono state distrutte da terremoti e poi ricostruite più belle di prima)
  • L’urdimu guccittu è quillu che fa male. (L’ultimo goccio è quello che fa male)
  • Immitu d’oste non è senza costu. (L’invito dell’oste non è senza costo)
  • Quannu te sogni che te casca un dente, aspettate la morte d’un parente. (Quando sogni di perdere un dente, ti devi aspettare la morte di un parente)
  • Chi vò vive e stà sanu, dai parenti stia lontanu. (Chi vuole vivere e stare sano, dai parenti stia lontano)
  • Chi cade in povertà perde ‘gni amicu. (Chi cade in povertà perde ogni amico)
  • Donna pilosa, o matta o virtuosa. (Donna pelosa, o pazza o virtuosa)
  • Chi ‘nce nasce, ‘n cè pasce. (Chi non ci nasce per un lavoro è inutile che insista)



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