Racconto a 360° per Ultimo che ha parlato di passato, presente e futuro tra vita privata e lavorativa con diversi aneddoti.

Lunga e interessante intervista a Ultimo, Niccolò Moriconi, al Corriere della Sera. Diversi argomenti affrontati dall’artista romano che con le sue canzoni incanta migliaia e migliaia di fan. Il ragazzo ha raccontato aneddoti di vita passata tra carriera e privato.

Ultimo: la scuola, i fallimenti e non solo

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Si parte dall’infanzia e dal parchetto, ricordato dopo la sua Roma e il rapporto col padre.

“Si chiama parco Paolo Panelli, ma se lo cerca su Google viene fuori “parchetto di Ultimo”. È una cosa che mi rende felice, un giorno mi piacerebbe poterci fare qualcosa. Sono sempre stato un’anima tormentata, quando stavo male passavo i pomeriggi là, con le cuffie e la sigaretta”, ha raccontato l’artista. “Cosa ascoltavo nelle cuffie? Emozioni di Lucio Battisti; e ogni volta mi chiedevo come mai non riuscivo a fare una canzone così. E Sora Rosa di Venditti: “Che ce ne frega si nun contamo gnente/ se semo sotto li calli della ggente/ Se c’hai un core, tu me poi capì/ se c’hai l’amore, tu me poi seguì”. Quei versi di Antonello erano il modo di resistere alle sofferenze, ai fallimenti”.

E proprio parlando di fallimenti, il ragazzo racconta: “Quali? Mi sono presentato tre volte ad Amici, due volte a X Factor, due volte a Sanremo giovani, al tempo di Carlo Conti, e non mi hanno mai preso. Doveva andare così. Eppure cantavo le canzoni che poi sono piaciute a migliaia di ragazzi: Sogni appesi, Giusy, Piccola stella”.

[…]. Nel corso dell’intervista anche la scuola: “Se sono stato bocciato? Due volte. Non me ne vanto, mi è dispiaciuto e mi dispiace tuttora. Non avevo capito che quando fai parte di un sistema devi accettarne le regole. Invece andavo a scuola e dopo la prima ora me ne andavo. Avevo un professore di matematica, Mariano, che mi diceva di continuo: Moriconi, con la musica non si campa… Poi ho scoperto che da ragazzo aveva inciso un disco”.

L’origine del nome

“Perché ho scelto di chiamarmi Ultimo? Con gli amici del parchetto ci chiamavamo Les Miserables, come il romanzo di Victor Hugo, l’avevamo anche scritto per terra con lo spray. La nostra chat su WhatsApp si chiama i Miserabili. Avevo pensato a Miserabile anche come nome d’arte; ma suonava davvero male. Ultimo invece mi è parso subito perfetto. Un biglietto da visita dettagliatissimo”.

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ultimo aggiornamento: 28-05-2023