
“Aldo Mondino. Nomade a Milano” ventitré anni dopo. Alle ore 18.30 di stasera, martedì 4 giugno 2013, avrà luogo l’inaugurazione della mostra (accompagnata dal catalogo con con testi dello stesso Mondino, del curatore e di Gianluca Ranzi) che riprende un salto nel tempo collegandosi all’esposizione tenutasi nel 1990 presso la Fondazione Mudima, nel capoluogo lombardo. Stessa sede per ripresentare le installazioni realizzate per quell’occasione, insieme ad un’importante selezione di opere scelte tra alcune delle più note serie realizzate dall’artista torinese e riunite a cura di Achille Bonito Oliva, in collaborazione con l’Archivio Aldo Mondino fino al 19 luglio 2013.
Un’eccezionale esperienza di vita che attraversa gli anni parigini tra l’École du Louvre e l’atelier di William Heyter, ricordata dal bronzo della Tour Eiffel, all’Ittiodromo surrealista composto da scivolo e pesce collocato all’ingresso per sottolineare la dimensione ludica e il riferimento ai temi dell’infanzia ripresi al ritorno in Italia e nella mostra torinese alla Galleria Sperone del 1964, nella serie di palloncini creata nel 1965 per la Galleria Stein sempre a Torino per prendere la forma di una delle principali direttrici del suo lavoro esemplificata nell’uso di materiali extra-pittorici, effimeri e talvolta persino commestibili e golosissimi, come la pasta di caramella, il cioccolato o lo zucchero, per il “Muro del Pianto”, fino alla grande installazione del 2005 dedicata a “I cacciatori di orchidee”, icona della nostalgia dell’esotico, altro grande filone che riemerge a più riprese nei lavori di Mondino.
Costantemente mobile nei suoi riferimenti e nel gioco delle sue sfide ai luoghi comuni, la mostra indaga così anche quella parte della ricerca di Mondino contaminata dalle suggestioni orientali ed esotiche immagazzinate nei tanti viaggi dal Marocco alla Palestina. Elemento presente in mostra anche nelle opere dedicate ai Dervisci rotanti, dove Mondino intravede, come ha lasciato scritto “…un affascinante parallelismo tra la preghiera e l’intensità dell’attenzione nel dipingere in modo concettuale, innamorandomi della preghiera esaltata delle danze dei Dervisci”.
Via | mudima.net