
Tired shopper Victoria Caruthers (L) gets a ride from her friend Streven Johnson (R), both from Washington, DC after spending a few hours in a Toys-R-US store 23 November, 2007 in Clinton, Maryland. The day after Thanksgiving, known as "Black Friday," marks the start of the holiday shopping season with crowds of shoppers waiting overnight in long lines in the hopes of getting bargains on one of the busiest shopping days of the year. AFP PHOTO / TIM SLOAN (Photo credit should read TIM SLOAN/AFP/Getty Images)
Chapter 11. Non è il capitolo di un racconto, o forse sì, perché è il capitolo finale per Toys ‘R’ Us, colosso dei giocattoli americano che nelle ultime oreha chiesto al tribunale l’accesso al “Chapter 11” per la bancarotta assistita.
La causa è ancora una volta l’aumento degli acquisti online e dei siti di e-commerce, primi tra tutti Amazon, che hanno visto crollare le vendite al dettaglio di questi megastore statunitensi, un tempo templio dei giocattoli.
Il debito esistente – 400 milioni di dollari – verrà ristrutturato, secondo quanto dichiarato dai vertici di Toys ‘R’ Us, “al fine di poter investire nella sua crescita a lungo termine e concretizzare la sua aspirazione di portare giochi ai bambini di tutto il mondo”.
Toys “R” Us è uno dei marchi più famosi negli USA; fondata nel secondo Dopoguerra da Charles Lazarus – originariamente con il nome Children’s Supermart – come catena di negozi di mobili per bambini, nel 1957 si è specializzata sui giocattoli. Oggi negli Stati Uniti ci sono circa 900 punti vendita.
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