Era il 22 maggio del 1978 e l’Italia diceva sì all’aborto, garantendo il diritto per le donne ad essere tutelate nella sua fruizione, nonché accompagnate nel difficile percorso medico e psicologico che deve affrontare chi sceglie l’interruzione volontaria della gravidanza.

Ma la Legge 194, non ha mai smesso di avere detrattori. Tanto che ancora oggi, a distanza di quasi quarant’anni, è oggetto di critiche senza bandiera (la contrarietà in questo caso non ha colore politico), talvolta dirette e tante volte no.

In questi giorni si è tornato a parlare dell’argomento per via dell’uscita di un bando della regione Lazio, in cui viene messa espressamente in luce la necessità di reperire due ginecologi non obiettori. Le due figure andrebbero a prestare servizio presso l’Ospedale San Camillo di Roma.

Questa specificazione non è andata giù a molti, fra cui il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, Don Carmine Arice, secondo cui il bando snaturerebbe la stessa 194 e il diritto da parte dei medici all’obiezione di coscienza.

Aborto

Invece l’esigenza di rimpolpare le fila dei non obiettori è pressante. La garanzia dell’effettiva fruizione del diritto ad abortire da parte delle donne è infatti messa in dubbio da statistiche non proprio equilibrate. Si calcola infatti che nella regione Lazio, la percentuale dei ginecologi disposti a praticare l’aborto sia circa del 20%. Chiarissime, a tal proposito, le parole del governatore della regione, Nicola Zingaretti:

[quote layout=”big” cite=”Nicola Zingaretti]Gli obiettori sono il 78%. In questo modo il rischio è inverso a quello segnalato da chi si oppone al bando: e cioè che il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza sia nei fatti quotidianamente negato alle donne[/quote]

Il problema, lungi dall’avere solo risvolti di natura ideologica, ha purtroppo serie ripercussioni sulla società. Quando infatti la 194 non esisteva, le donne di certo non accettavano di tenere il bambino solo perché la legge non consentiva loro di abortire. Semplicemente si recavano in strutture clandestine, con tutti i rischi medici del caso, oppure si imbarcavano in viaggi della speranza verso l’Inghilterra o le altre nazioni europee dove l’aborto era pratica routinaria.

Di fatto poi il bando della discordia non punta il dito contro gli obiettori, come vorrebbero far credere i suoi detrattori. Piuttosto getta luce sulla situazione italiana, che già in passato ci aveva resi passibili di richiamo da parte del Consiglio d’Europa, tentando di renderla più incline a tutelare un diritto sancito dalla legge.

La cosa più triste è che si sia dovuti arrivare ad una specifica scritta, segno che se anche la nostra facciata di paese dalla mentalità aperta è sostenuta dall’opera del legislatore, alla base siamo più chiusi di quanto non vorremmo mai ammettere.

Tanto per la cronaca, in Molise la percentuale di medici obiettori è del 94%, a Bolzano del 92% e in Basilicata del 90%. Giusto per avere chiaro il fatto che il polverone forse si è sollevato per la ragione e per la regione sbagliata.

Via | Repubblica

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ultimo aggiornamento: 23-02-2017