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Ad Arles, nel 1888 Van Gogh è un tutt’uno con l’ambiente che lo circonda ed è in uno dei momenti più prolifici: mai nessun artista ha sentito così, su di sè, l’atmosfera degli spazi che lo circondavano. In Provenza vi arriva per scoprire i colori del Mediterraneo e qui lo raggiungerà sei mesi dopo Gauguin, con cui strinse amicizia a Parigi. Ne il Caffè di Notte (1888) conservato oggi presso l’ Art Gallery dell’Università di Yale, nel New Haven, è raffigurato l’interno del Café de la Gare, in Place de Lamartine, al piano superiore la camera dove l’artista lavorava. Cliente fisso del bar divenne amico dei proprietari Marie Ginoux e Joseph Ginoux che inserì nel dipinto vestito di bianco.

Van Gogh non riusciva a distaccarsi dal modello reale, perchè se ne sentiva rapito: le emozioni partivano dalle visioni e dalle sensazioni che la vita quotidiana gli procurava, come quelle di un caffè di notte dove si nascondevano le “terribili passioni umane” (così scrisse Van Gogh in una lettera al fratello Theo). Ad Arles, prima di entrare in un vicino ospedale psichiatrico, si sentì sopraffatto da emozioni fuori controllo alternando momenti di serenità a inquietudine. Abbandonò il vecchio stile impressionista, per esasperare i tratti della sua pittura: i colori sono materici, i gialli, i verdi e i rossi colpiscono la retina senza suggerire armonie. La vibrazione dei toni deriva dalla loro vicinanza. Leggiamo la descrizione che lo stesso Van Gogh scrive:

Ho cercato di esprimere con il rosso e il verde le terribili passioni umane. La sala è rosso sangue e giallo opaco, un biliardo verde in mezzo, quattro lampade giallo limone a irradiazione arancione e verde. C’è dappertutto una lotta e un’antitesi dei più diversi verdi e rossi, nei piccoli personaggi di furfanti dormienti, nella sala triste e vuota, e del violetto contro il blu.

Van Gogh sceglie una visuale più alta dei suoi quadri nella natura e immortala una notte che gli sembra più viva del giorno. Come Delacroix, Van Gogh, non rappresenta i colori reali, ma quelli che esprimono sensazioni ardenti. Le lampade, i tavolini, le sedie, e i clienti accasciati sui tavoli, sembrano essere protagonisti passeggeri e casuali del tempo eterno, dominato dall’orologio al centro della sala. L’occhio di Van Gogh emana luce: in quel Caffè di notte ad Arles l’artista per un attimo ha una lucidità onnisciente, sembra non sentirsi parte di quel caffè, un luogo dove ci si poteva rovinare, diventar pazzi e commettere un delitto

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ultimo aggiornamento: 27-06-2016