Gran lavoratrici le italiane, anzi, le più stacanoviste al mondo secondo l’OCSE. Peccato che nulla di tutto questo gran “darsi da fare” si traduca in avanzamento di carriera o una busta paga più pesante.

Al contrario, secondo l’ultima, impietosa indagine condotta a livello globale (28 le nazioni prese in esame) sulla condizione femminile dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo, le nostre connazionali sono tra le più mortificate e sottostimate al mondo.

Almeno a livello professionale. Qualche cifra , tanto per gradire:

  • 36: sono le ore settimanali che una donna dedica mediamente alle faccende domestiche (contro le 14 degli uomini, un gap che fa primeggiare a livello globale)
  • 11: sono le ore di lavoro settimanali in più che una donna che abbia una professione fuori casa si sobbarca per accudire anche alla casa e ai figli (per la cronaca le donne danesi ne dedicano appena 3)
  • 326: sono i minuti di lavoro al giorno in più (rispetto agli uomini) che ogni donna italiana ha sulle spalle. La media OCSE è di 131 minuti…
  • 5,8: è il voto che le donne italiane attribuiscono alla propria soddisfazione personale. Insomma, non raggiungiamo la sufficienza e siamo al di sotto della media OCSE (6,7)
  • 47%: la percentuale delle donne italiane che abbiano un lavoro retribuito (contro il 67% dei connazionali maschi e il 60% della media OCSE)
  • 12%: quanto guadagna in meno (mediamente) una donna lavoratrice rispetto ad un uomo

I numeri parlano chiaro, le donne italiane, sul piano professionale, sono terribilmente indietro non solo rispetto alle colleghe europee, ma anche (in molti casi) rispetto alle loro madri. Certe battaglie che pensavamo già combattute e vinte si sono rivelate, evidentemente, delle vittorie di Pirro. Ancora troppo grande il divario sul piano del riconoscimento del merito, troppo poche le donne ai vertici di società pubbliche o private o leader politici (anzi, politiche), troppo accentuato il gap tra opportunità di carriera per donne e uomini, troppo facile (da parte maschile) far ricadere le incombenze domestiche e familiari sulle pur forti spalle delle loro compagne.

Ma in tutto questo grigiore, in questa nebbia recessiva, una buona notizia: le cifre (neutrali per definizione, e pertanto nostro faro di luce) ci dicono che l’imprenditoria al femminile è in crescita, come in crescita sono i fatturati. Secondo molti indicatori economici proprio il contributo femminile potrebbe diventare il vero volano della ripresa economica del nostro Paese. Una piccola rivoluzione rosa, forse, in fondo in fondo, è già in atto.

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ultimo aggiornamento: 06-11-2013