8 marzo 2014: un’altra Festa della Donna, o meglio, un’altra Giornata internazionale della Donna, come più correttamente dovrebbe essere definita questa ricorrenza. Come vi sentite in merito? Se il vostro stato d’animo è ambivalente, se non sapete bene come provi di fronte a questa giornata dedicata al genere femminile del consorzio umano, sappiate che siete in buona compagnia.

Credo che oggi nessuna donna, né giovane, né matura, oggi in Italia, abbia davvero voglia di festeggiare. Eppure siamo fortunate, perché siamo nate in Europa, forse una delle poche regioni del mondo in cui le donne godono di maggiori tutele, ove i loro diritti vengono maggiormente rispettati, dove le loro potenzialità trovano modo e spazio per esprimersi.

Ma le cose stanno davvero così? Perché avvertiamo sempre quella sensazione di amaro in bocca? Forse perché in Italia è stato appena abolito il Ministero delle Pari Opportunità, con buona pace della ex ministra Kyenge che aveva sfidato i pregiudizi e fatto sperare nell’idea (almeno quella), di un’Italia meno machista e più multiculturale.

Forse perché, dati alla mano, sappiamo che le lavoratrici donne guadagnano ancora meno dei colleghi “maschi”, e perché la maternità è ancora vista come una sorta di handicap per le aziende, che proferiscono assumere uomini, anche sapendo che – altri dati alla mano – il PIL di una nazione cresce quando si raggiunge la piena parità di impiego tra uomini e donne.

Insomma, le donne sono brave, capaci, sono creative, sono grandi lavoratrici, sono professionali e hanno tutti i numeri per primeggiare, ma ancora, nei posti chiave, non le troviamo. Come stanno le cose in Europa? Secondo dati Eurostat del 2011, attualmente soltanto il 12% dei membri dei consigli di amministrazione delle principali aziende europee sono donne.

Sebbene il divario tra salario maschile e femminile si stia riducendo, esso si attesta(va) ancora intorno al 17% in meno. Le donne sono perciò maggiormente esposte al rischio di povertà quando siano nell’età della pensione. E che dire dell’Italia, dove nelle regioni del Sud la metà delle donne non ha una occupazione? Quale futuro le attende?

Le quote rosa nei CDA delle aziende possono garantire maggior rispetto dei diritti salariali e contrattuali per le lavoratrici, e quelle in parlamento (su cui, peraltro, non è stato raggiunto l’accordo) della rappresentatività al femminile?

Che tipo di strategie sono le più adeguate a perseguire il raggiungimento della piena equiparazione tra uomo e donna? La Commissione europea ha elaborato dei programmi, destinati anche alle aziende, per stimolarle a valorizzare il contributo femminile, ma basterà?

E’ importante che ciascuna di noi si impegni a non accettare alcuna discriminazione, e a denunciare laddove ve ne siano. E’ utile, è saggio imparare a fare corpo e tutelarci a vicenda, per noi e per le donne delle generazioni future. Riflettiamoci e lavoriamoci, non solo l’8 marzo.

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ultimo aggiornamento: 07-03-2014