L’amniocentesi fa parte di questi esami di diagnostica prenatale che consentono alla futura mamma di scoprire se il bambino che aspetta è portatore di una malattia genetica ereditaria o di un deficit cromosomico.

Quali sono le patologie che sono rilevabili grazia all’amniocentesi? In primis la sindrome di Down, ma anche le altre sindromi cromosomiche maschili e femminili, come la sidrome di Rhett per le bambine e quella di Klienefelter per i maschietti.

Altre patologie rilevabili tramite questo esame invasivo sono la spina bifida, la fibrosi cistica, e la Talassemia maior o anemia mediterranea. A chi conviene fare questo esame? Il SSN nazionale consente a tutte le donne in gravidanza che abbiano superato i 35 anni di età di sottoporsi all’amniocentesi gratuitamente, proprio perché l’età matura della madre costituisce un minimo fattore di rischio per queste patologie genetiche. Anche in caso di carenza folica materna, e di sofferenza fetale, si consiglia l’esame.

Inoltre, questo test prenatale è consigliato quando vi siano ragionevoli sospetti che il proprio bebè possa sviluppare una malattia ereditaria, come ad esempio la distrofia muscolare Duchenne. Prima di spiegare in cosa consiste l’esame, e quali rischi comporta, precisiamo che in un prossimo futuro probabilmente verrà archiviato. Questo perché è stato messo a punto un test ematico che rintraccia il DNA fetale e attraverso l’ausilio di strumenti sofisticati riesce a mapparlo individuando eventuali anomalie. Detto questo, nel frattempo ci concentriamo ancora sull’amniocentesi.

Si esegue in genere intorno alla 16ma settimana di gravidanza, ma si può prorogare, se necessario anche fino alla 20ma settimana per controllare il grado di sviluppo degli organi interni del feto. Si esegue in questo modo: con una siringa si fa penetrare un ago nell’addome materno in modo che penetri fino al sacco amniotico, quindi viene aspirata una minima quantità di liquido amniotico, circa 10-20 mm, le cui cellule verranno poi analizzate. La traiettoria dell’ago viene seguita attraverso un monitor, in modo da non provocare nessuna lesione.

A tal proposito, ci sono dei rischi correlati all’amniocentesi? Secondo le più recenti statistiche, una amniocentesi su 100 provoca un aborto, ragion per cui molte future mamme, anche se a rischio, preferiscono evitare di sottoporsi a questo test. L’esame è invasivo, ma non doloroso, dopo l’amniocentesi la donna può avvertire un certo fastidio all’addome e contrazioni uterine lievi che scompaiono in poche ore.

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ultimo aggiornamento: 27-03-2014