L’Unione Europea è da sempre al lavoro per rendere le pari opportunità un dato di fatto in tutti i Paese. Resta il fato che l’Europa non ha ancora un’unità nazionale e in ogni Stato ci sono regole, leggi e carte differenti. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti dell’uomo, a parte un trattamento speciale in caso di gravidanza e maternità.

La donna in attesa ha il diritto di assentarsi per diversi mesi dal posto di lavoro (in Italia sono 5, due prima del parto e tre dopo) a pieno stipendio per occuparsi del piccolo appena nato, può usufruire di congedi parentali per l’allattamento e per stare accanto al bambino in caso di malattia ed è vietato licenziare la mamma in gravidanza e per tutto il primo anno di vita del bimbo.

Inoltre, le gestanti dovrebbero essere trattate con un particolare riguardo: non dovrebbero fare turni di notte, non dovrebbero essere esposte a radiazioni o materiali pericolosi per la salute del bambino, dovrebbero avere delle pause più lunghe soprattutto se fanno lavori faticosi, come stare molte ore in piedi.

Il Trattato di Roma segna la nascita della CEE e, con essa, della politica di pari opportunità. All’articolo 119 è stato stabilito l’obbligo per gli Stati membri di rispettare il principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici per uno stesso lavoro. Eppure continua a esserci un divario, spesso inconcepibile. Tra i temi trattati in Europa, c’è la parità di accesso al lavoro. In teoria uomini e donne non dovrebbero essere valutati in base al sesso, ma in Italia (solo per fare un esempio) accade ancora che donne giovani, potenzialmente madri, non vengano assunte e vengano obbligate a firmare delle dimissioni in bianco.

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ultimo aggiornamento: 09-06-2014