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Per il vicepremier turco ridere è peccato, le donne lo sfidano con gli scatti delle loro scarpe
Alle dichiarazioni sessiste e discriminatorie sembra non esserci mai fine. Ecco cosa ha detto un importante membro del governo turco e la reazione agguerrita delle donne sul web.
Scivolone sessista per il politico Bulent Arinc, vicepremier turco e braccio destro di Erdogan, che, proprio in piena campagna elettorale e mentre sembra tanto convinto di voler far entrare il suo paese in Europa, si è lasciato andare ad una discutibile dichiarazione: “La donna saprà quello che è peccaminoso e quello che non lo è. Non riderà in pubblico. Non sarà seducente nel suo comportamento e proteggerà la sua castità“.
Un’affermazione a dir poco sconcertante che vedremo meglio in bocca ad un imam integralista piuttosto che ad un politico. Ma le donne turche, ovviamente, non hanno lasciato passare liscia la dichiarazione di Arinc e hanno trovato un immediato rinforzo grazie anche alla cassa di risonanza del web.
Prima le donne turche hanno invaso la rete con scatti sorridenti accompagnati dagli ashtag #kahkaha (#risate) e #direnkahkaha (#resistererisate), tutte rigorosamente vestite all’occidentale e con il capo scoperto, identiche alle loro coetanee italiane, spagnole o francesi.
Poi sono arrivati i rinforzi internazionali, in seguito alle parole della deputata Aylin Nazl?aka che, mentre discuteva il diritto al voto delle donne che si trovano nei rifugi, si è vista sentir dire da un deputato dell’AKP (il partito di Erdogan) che si trattava di cose futili, di cui non c’era bisogno di parlare. La risposta della Nazhaka, che ha minacciato di lanciare una scarpa in aria perchè era stata continuamente interrotta, ha scatenato un altro ashtag virale sul web, #geliyorterlik (ciabatta in arrivo) con tanto di scatti che immortalavano le scarpe delle proprietarie. Grazie al web la protesta è stata raccolta anche da donne non turche, questo scatto ad esempio è tutto made in Italy.
Il maschilismo dell’attuale politica del paese è davvero preoccupante e mi auguro che, in seguito a queste proteste, qualcosa cambi sul serio.
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