Numerose donne dopo aver studiato anni ed essere diventate dei punti di riferimento del settore informatico, lasciano la carriera. Come mai? Non è una questione di competenza o di capacità, ma di ambiente. È un ambiente principalmente maschile e maschilista (e pensare che l’informatica si deve a una donna) e molte professioniste soffrono questa situazione, che non solo le limita nello sviluppo della carriera, ma anche nella vita privata.
Il magazine Fortune riporta la storia Sandhya, un project manager di talento, che ha raccontato delle pressioni subite dal suo capo rientrata dal congedo di maternità (rientro tra l’altro anticipato): doveva continuamente viaggiare, lasciando il bimbo – ancora lattante – casa. Qual è la conclusione di questa storia? Ha dovuto rinunciare al lavoro.
Questa donna ha deciso di raccogliere le testimonianze di altre signore nel settore informatico: in un mese è arrivata a 716 storie. Tutte hanno condiviso con lei la principale motivazione che le ha spinte a lasciare il lavoro: incompatibilità con la maternità è l’opzione più gettonata (484 donne), solo 42 hanno rinunciato per fare le casalinghe per scelta. Poi c’è la storia di Annabelle, che lavorava per un’azienda piccola, che non aveva la politica della maternità per le sue dipendenti. Così a sei settimane dal parto, ha scelto di rientrare, peccato che non c’era più posto per lei e per il suo tiralatte. Si è creata una situazione molto imbarazzante, doveva svuotare i seni quasi pubblicamente ogni due ore.
Oltre alla maternità e alla questione di genere, queste donne hanno citato altri fattori discriminanti, come l’età e la razza.
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