La tutela del lavoro è un tema di grande attualità, soprattutto in questi giorni: a Firenze è stata celebrata la morte dell’art. 18. In realtà, sono sempre meno i lavoratori con contratti a tempo indeterminato. Si lavora a progetto, a partita iva, a tempo determinato e il posto fisso è diventato un’illusione, qualcosa di vecchio, che non fa parte – purtroppo – della nostra generazione. In questa situazione di grande instabilità, qual è la situazione delle donne?
Uomini e donne hanno gli stessi diritti, anche se la discriminazione di genere è ancora fortissima e spesso difficile da dimostrare. Se non ci fanno firmare una bella lettera di licenziamento in bianco con la promessa di non fare figli, la maternità dovrebbe essere tutelata con un po’ di attenzione.
Le donne in stato interessante non possono essere licenziate, inoltre, l’art. 3 della legge 1204 del 1971 sancisce il divieto di adibire le donne al trasporto e al sollevamento dei pesi durante il periodo di gestazione e fino a sette mesi dopo il parto. Le signore possono poi astenersi dal lavoro 2 mesi prima del parto e 3 dopo, percependo lo stipendio pieno. Possono inoltre decidere di lavorare fino alla fine dell’ottavo mese per stare a casa quattro mesi dopo il parto. Inoltre, sulla base di accertamento medico, possono disporre l’interdizione anticipata dal lavoro in caso di gravi complicanze
L’art. 10 dispone che il datore di lavoro debba “consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata”: in linea di massima le mamme possono uscire dall’ufficio due ore prime (quindi fare sei ore al posto di otto) per l’allattamento.
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