Sulla pagina facebook del “Jeu de Paume”, famoso museo parigino del quale abbiamo parlato più volte su clickblog.it c’è un messaggio fermo ma discreto, che lascia intendere un sostanziale disaccordo con le politiche di controllo del social, e recita così:

Vendredì l’account del Jeu de Paume è stato bloccato per 24 ore in seguito ad una decisione di Facebook, secondo il quale la foto qui allegata infrangeva gli “standard della comunità di Facebook”. Abbiamo già commesso altre infrazioni in passato pubblicando nudi di Willy Ronis e di Manuel Álvarez Bravo. Al prossimo avvertimento di Facebook, il nostro account rischia di essere definitivamente disattivato. Perciò non pubblicheremo più nudi, anche se pensiamo che il loro valore artistico sia grande e che queste fotografie, assolutamente non pornografiche, rispettino il “diritto di pubblicare dei contenuti di natura personale”.

L’immagine della discordia è una foto di Laure Albin Guillot, una bella silhouette in bianco e nero che rappresenta un corpo di donna, disteso e coperto, ma solo in parte, da un drappeggio classicheggiante, con un gioco di quadri sulla testa.
Non si parla solo dei profili personali, censurati alla bene e meglio in caso di “foto controverse” e spesso anche volgari, ma di vere e proprie opere d’arte, ospitate nelle pagine di grandi musei e riconosciute istituzioni culturali come il Centre Pompidou che, a voler seguire Les notes de Véculture, nel luglio 2012 aveva visto sparire dal proprio profilo l’immagine dell’opera intitolata Ema, realizzata dall’artista tedesco Gerhard Richter, in seguito rimessa con tanto di scuse. Motivo dell’abbaglio, l’effetto mosso del dipinto avrebbe potuto far credere ad una persona reale in desabillé, colta nell’atto di scendere le scale.
Ma la lista di accadimenti simili è ben più lunga e non ha risparmiato nemmeno il cinese Ai Weiwei (maestro della contestazione), apparso in costume adamitico in compagnia di quattro donne in ugual tenuta e cancellata dalla pagina facebook de L’Express che l’aveva inserita in una gallery consacrata all’impatto del corpo come arma di mobilitazione. Per non parlare della vituperatissima “Origine du monde” di Gustave Courbet, che troneggia al Musée d’Orsay ed è ritornata all’onore delle cronache qualche tempo fa per la coperta della sua testa, ma nel febbraio del 2011 sarebbe costata all’artista danese Frode Steinicke che l’aveva messa sul suo profilo, l’esclusione dal network, revocata stavolta in seguito alle scuse dell’appassionato.


A scanso di equivoci Facebook precisa bene nelle sue condizioni di utilizzo che, in caso di eventuali litigi l’unico tribunale riconosciuto competente è quello di Santa Clara in California, ma la questione del confine tra esposizione gratuita e libertà espressiva, resta più che attuale.

Nell’immagine copia schermo della pagina

Via | lexpress.fr

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ultimo aggiornamento: 06-03-2013