Ecco un’ulteriore dimostrazione dell’importante legame intrecciato dagli artisti contemporanei con il passato, una fettuccia evidente che si fa vera e propria sfida costante in territori esplorativi come quelli italiani, che con il passato (recente ed antico) intrattengono un rapporto di particolare vicinanza. C’è una mostra che si propone di ripercorrere queste spinte e iscriverle in un discorso polifonico che unisca diverse generazioni di creativi, posti per la prima volta a contatto diretto con il mitico Foro romano fino al 29 settembre, si tratta di “Post Classici”, nata dall’unione di diciassette espressioni d’autore.
C’è Mimmo Palladino che spiega il senso la sua opera direttamente nella video-intervista, le korai ribattezzate “Combattenti” ma ritratte a riposo di Marisa Albanese, candidamente sedute con le loro moli di bronzo ed acciaio stagliate sul profilo altamente suggestivo dello Stadio palatino di Roma. E poi le dodici statue di Nino Longobardi, protette da quattro teche di vetro, cornici tridimensionali che poggiano su sostegni metallici, perfettamente in armonia con gli antichi marmi e la “Venere degli stracci” di Pistoletto (attualmente al Louvre con il suo paradiso) posta nell’abside del Tempio di Venere per una sosta dopo un Grand Tour lungo quarant’anni, nei quali ha visitato i più noti musei del mondo portandosi dietro proprio quei tessuti, a testimonianza di un percorso unico, fatto di pellegrinaggi e di pose.

E se le perversioni del classico guidano anche il timone dell’anarchico padiglione cubano della Biennale di Venezia, è una concezione del tempo ancora più ibrida e multiforme, quella che si offre agli occhi dei visitatori pronti ad incamminarsi in un lungo percorso di scoperta da costruire attraverso una carrellata di opere di grandi autori sparse in mitici luoghi della capitale.
Un percorso che passa per le “Runed Ruins” di Gianluigi Colin al Criptoportico Neroniano, ma anche per le “Anamnesi”di Mimmo Jodice e gli “Ex-voto” di Antonio Biasucci, riunite in un coro scomposto che fa rima con le clessidre e le teste di una classicità bendata e dai colori flou di Claudio Parmigiani, al tempio di venere e Roma e alla cella di Roma, che si estende ad altri interpreti senza esaurire il suo portato.

Eventi collaterali, pubblicazione e parole del curatore

Con un correlato public program a cura di Doppiozero composto da sei incontri con scrittori e intellettuali e un catalogo che analizza grazie all’intervento di esperti dei differenti settori, il rapporto tra classicità e contemporaneo nell’arte (Vincenzo Trione), nell’archeologia (Marcello Barbanera), nella letteratura (Alessandro Piperno), nella mitologia (Maurizio Bettini), nel cinema (Gianni Canova), delineando un viaggio tra passato e presente ai Fori e al Palatino (Emanuele Trevi). Un fruttuoso scambio di spunti ben illustrato dalle parole del curatore Vincenzo Trione che descrive così la démarche degli autori:

Ad accomunarli è il bisogno di reinventare temi fondamentali della classicità, fino a renderli irriconoscibili. Procedono tra citazioni e ripescaggi, in bilico tra rispetto e trasgressione, prelevano episodi storico?artistici, che filtrano attraverso uno stratagemma caro alle avanguardie primonovecentesche: lo straniamento. Non compiono calchi fedeli: non innalzano la cultura del passato sopra un piedistallo irraggiungibile. Prediligono discontinuità, scarti, margini. Riscrivono frammenti dell’antichità: barlumi che fanno appena intuire la totalità. Decontestualizzano e riusano arbitrariamente alcuni elementi di altre epoche, proiettandosi verso esiti allegorici. Classico, per questi artisti, non riguarda solo il passato, ma investe il presente e prefigura gli scenari dell’avvenire. È ciò che tende a relegare l’attualità al rango di un rumore di fondo di cui non si può fare a meno. Un momento estraneo e sempre sorprendente, da investigare nella sua complessità, da riconquistare ogni giorno, per farlo riemergere come relitto, scheggia.”

Via | postclassici.it

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ultimo aggiornamento: 28-05-2013