Le inossidabili Spice Girl hanno promosso una campagna benefica per promuovere i diritti delle donne e della “giustizia di genere” in Gran Bretagna e all’estero, un’iniziativa lodevole, se non fosse che dietro ci sono storie di sfruttamento femminile. La campagna prevede la vendita di una serie t-shirt per attivare una raccolta fondi benefica, il problema grave è che queste magliette sono state commissionate a una fabbrica del Bangladesh dove la manodopera femminile viene pagata una miseria, è per di più trapelano anche storie di maltrattamenti con insulti e minacce.

La fabbrica del Bangladesh dove vengono prodotte le t-shirt promosse dalle Spice Girl, paga la manodopera circa 35 pence all’ora, che equivalgono a 40 centesimi di euro. Una condizione equiparabile alla schiavitù soprattutto perché le donne vengono minacciate, insultate e mortificate perché non producono abbastanza. Gli incessanti ritmi di lavoro non sono abbastanza, queste lavoratrici sono accusate di produrre meno degli obiettivi individuali prefissati dai caporali.

Un portavoce si è affrettato a dire che le Spice Girl non ne sapevano nulla, così come promotori di Comic Relief che hanno ideato la campagna, tutti prendono giustamente le distanze perché promuovere i diritti delle donne britanniche, a scapito di quelle del Bangladesh è ipocrisia pura..

La società che controlla la fabbrica in Bangladesh ha promesso che effettuerà dei controlli, ma ha già ribadito più volte che si tratta di una notizia falsa. Quando si organizzano campagne benefiche, e in generale per ogni progetto, è essenziale avere il pieno controllo di tutta la filiera di produzione, affidarsi a società che si affidano ad altre società che si rifanno su altre società, rende tutto poco chiaro è si crea terreno fertile per lo sfruttamento della manodopera.

via | ansa

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ultimo aggiornamento: 22-01-2019