Il volto del video è quello di Irina Bokova, direttrice generale dell’UNESCO. La voce preoccupata riassume una certa apprensione, la stessa con la quale si è riunito, nella sede parigina dell’organizzazione, lo scorso giovedì 29 agosto, un consiglio di esperti mondiali. Allo stesso tavolo specialisti nella lotta al traffico di opere d’arte, Lakhdar Brahimi, rappresentante speciale congiunto delle Nazioni Unite e della Lega Araba per la Siria, Stefano de Caro, direttore generale del Centro Internazionale di studi per la conservazione e il restauro dei beni culturali (ICCROM), Hannah Pennock, direttrice generale ad interim del Consiglio Internazionale dei Musei (ICOM), Philippe Allard, direttore generale del Consiglio Internazionale dei monumenti e dei siti (ICOMOS) ma anche rappresentanti dell’Interpol e dell’Organizzazione Mondiale delle dogane.
Lo scopo dell’incontro durante questi giorni caldi: fare un punto sui danni subiti dal patrimonio culturale siriano a solo qualche mese dall’iscrizione di sei siti sulla lista dei beni in pericolo che comprende la città vecchia di Aleppo, Damasco, Bosra, Palmira, il Crak des chevaliers e le città antiche de Nord. Simboli fondamentali da proteggere contro distruzioni e furti, come sottolinea Madame Bokova:

La protezione del patrimonio è indissociabile dalla protezione delle popolazioni, poiché il patrimonio veicola i valori e le identità di un popolo. Al tempo della ricostruzione, una volta ristabilita la pace, il patrimonio gioca un ruolo fondamentale.

Tra i “sorvegliati speciali” la moschea degli Omeyyadi di Aleppo che, secondo alcune immagini satellitari, avrebbe subito il crollo di uno dei suoi minareti il 24 aprile. Ma si tratta di uno solo dei punti a rischio di uno scenario ben più tragico, secondo Lakhdar Brahimi che aggiunge:

la situazione del patrimonio è catastrofica come la crisi umanitaria. Pochi paesi dotati di un patrimonio così ricco, hanno sofferto egualmente.

L’UNESCO non si è limitata ad organizzare una regia dall’alto, sono state infatti organizzate delle formazioni sul terreno per proteggere i tesori dai saccheggi, e i dati sui danni sarebbero già stati trasmessi alle autorità di frontiera e ai mercanti d’arte per sollecitare il rispetto del divieto internazionale di commerciare beni sottratti illegalmente (Convenzione del 1970) e le misure da adottare per vietare l’importazione, l’esportazione nel seno della Convenzione del 1954 sulla protezione dei beni culturali in caso di conflitto.
Motivi che destano la più alta attenzione, i virtù di un assunto-chiave, ribadito proprio dalla Bokova in chiusura della riunione:

Non c’è cultura senza popolo né società senza cultura.

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Via unesco.org

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ultimo aggiornamento: 04-09-2013