Oggi, 6 Febbraio, si celebra la Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminili pratiche di una sconsiderata tradizione atavica che vengono eseguite per lo più in 28 paesi dell’Africa sub-sahariana, per motivi non terapeutici.

Le mutilazioni genitali femminili non hanno alcuna utilità medica o valenza igienica come qualcuno potrebbe erroneamente asserire, ledono fortemente la salute psichica e fisica di bambine e donne che vengono sottoposte a questa violenza, spesso inconsapevoli di ciò a cui andranno incontro. Secondo una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità il numero delle donne che sono state sottoposte a tale menomazione si aggirerebbe intorno ai 140 milioni nel mondo, e altri 3 milioni di bambine sono a rischio ogni anno.

Le donne soggette a tale trattamento vivono soprattutto nei paesi dell’Africa Subsahariana, della Penisola Araba e di alcune zone dell’Asia. L’Africa rimane il paese con la maggior diffusione di pratiche di mutilazione: si contano 9,5 milioni di ragazze con età superiore ai nove anni che hanno subito una pratica di MGF e circa 3 milioni di ragazze che si aggiungono ogni anno alla lista.

Sono state riconosciute diverse tipologie di MGF e il tipo di pratica mutilatoria varia in base al paese di appartenenza: il 90% delle mutilazioni genitali femminili è di tipi escissorio (asportazione del clitoride, delle piccole labba, di parte delle grandi labbra) e il restante 10% interessa l’infibulazione, ovvero il restringimento dell’orifizio vaginale, che può avvenire assieme ad un intervento escissorio.

Le Mgf sono un pericolo per la salute, quindi un problema sanitario, perché mettono a rischio la vita di coloro che le subiscono, sottoposte a scissioni o mutilazione genitale, ma si tratta anche di un problema sociale interno alle comunità straniere in Italia, che si cerca di contrastare a livello regionale, nazionale ed internazionale, attraverso campagne di sensibilizzazione e iniziative di enti e associazioni autonome.

Le MGF possono avere inoltre gravi ripercussioni nella sessualità femminile e diventare un problema limitante per un eventuale parto. Ci sono poi chiare complicanze dovute all’insorgere di stati infiammatori pressoché certi e di alcune patologie che mettono a rischio la salute della donna e della sua riproduttività.

Da uno studio commissionato nel 2009 dal Ministero delle Pari Opportunità all’Istituto Piepoli è emerso che il fenomeno delle MGF è presente anche nel nostro paese, nonostante la legge n.7 del 2006 le vieti esplicitamente: per chiunque pratichi l’infibulazione la legge prevede dai 4 ai 12 anni di reclusione che aumentano a 16 nel caso in cui la vittima sia una minorenne. Un medico che pratica l’infibulazione rischia 10 anni di galera e la radiazione dall’albo.

La pratica delle mutilazioni avviene anche in Italia, nei nuclei di cittadini che hanno origine dai paesi in cui si praticano le MGF: i risultati della ricerca riportano che tra le 110 mila donne provenienti dai paesi dell’Africa in cui si praticano le mutilazioni, circa 35 mila di loro che soggiornano in Italia, hanno subito mutilazioni, la maggior parte nel loro paese di origine.

Informazione e prevenzione rispetto alla diffusione di queste pratiche in paesi di immigrazione, come ad esempio l’Italia, può essere l’arma vincente per combattere dei veri e propri abusi su donne, ragazze e bambine con rischiose conseguenze sanitarie e psicologiche per le loro vite. Dal novembre del 2009 è attivo il numero verde 800 300 558 per prevenire e contrastare duramente le pratiche di mutilazione genitale femminile, per maggiori informazioni potete consultare la pagina di riferimento sul sito del Ministero delle Pari Opportunità.

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ultimo aggiornamento: 06-02-2013