[blogo-gallery id=”932247″ layout=”photostory” title=”Alber Elbaz/Lanvin-Manifeste Exhibition: l’inaugurazione della mostra a Parigi, le foto” slug=”alber-elbazlanvin-manifeste-exhibition-linaugurazione-della-mostra-a-parigi-le-foto” id=”932247″ total_images=”51″ photo=”0,1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12,13,14,15,16,17,18,19,20,21,22,23,24,25,26,27,28,29,30,31,32,33,34,35,36,37,38,39,40,41,42,43,44,45,46,47,48,49,50″]

Orchestrata da Alber Elbaz, con il supporto del suo team, la mostra “Celebration of the Alber Elbaz/Lanvin-Manifeste Exhibition” è stata inaugurata a Parigi presso Maison Européenne De La Photographie e immerge il visitatore nell’intimità dei fitting, nell’emozione degli show di Lanvin e nella bellezza delle sue creazioni. È la prima nella storia della più antica casa di moda francese ancora oggi esistente. Cinque stanze sono state trasformate in set per mostrare il lavoro dello stilista; non come un monologo ma come un dialogo continuo tra moda e fotografia.

Oltre 350 scatti di fotografi come: But Sou Lai, Mark Leibowitz, Katy Reiss, James Bort, Juliette Da Cunha e Alex Koo reinterpretano la passione per la moda. Il concept della mostra è completato da una struttura video con la voce del designer, accompagnata da tre proiezioni di immagini di backstage prodotte da Jean-Christophe Moine, e dai filmati delle sfilate realizzati da Séraphin Ducellier.

È una mostra introspettiva – non una retrospettiva -, per tentare di vedere come funziona la macchina dei sogni di Alber Elbaz da Lanvin. Concepita come un’installazione artistica, non offre un’interpretazione definitiva, ma piuttosto permette ai visitatori di lasciare andare i propri pensieri così che il cuore prenda il sopravvento. Parafrasando la citazione di apertura del designer, è un invito a guardare, ascoltare e parlare.

“In quest’epoca digitale viviamo attraverso i nostri schermi, documentando ogni momento. Non osserviamo più: filmiamo. Non ascoltiamo più: registriamo. Non parliamo più: postiamo”, dichiara Alber Elbaz, Direttore Artistico della maison Lanvin dal 2001.

Nel suo studio è abituato a lavorare sul corpo, insieme a una modella e al suo team. Tutti lo chiamano semplicemente “Alber”, come prova del loro affetto e di una naturale complicità. Lavora alle sue collezioni in una stanza poco illuminata, con una pagina bianca e una penna nera, per sentire con chiarezza i desideri delle donne e proiettarli negli abiti. Guida le sue modelliste in ogni fase del processo creativo, suggerendo una soluzione per ogni problema tecnico che si presenta lungo la strada. Il ritmo delle collezioni richiede enorme ispirazione e ogni nuova stagione diventa il pretesto per approfondire la ricerca nel suo studio di rue Fauburg-Saint-Honoré.

La sua padronanza del colore affascina i giornalisti e i clienti, troppo abituati all’eterno binomio del bianco e nero, sebbene ciò non gli impedisca di giocare anche con questo abbinamento! La sua palette è elogiata da fotografi capaci di comporre intuitivamente immagini grafiche, con i pigmenti pixelati delle emozioni che emergono dai loro soggetti.

Alber non ha un indirizzo e-mail. Non usa i social network e lascia che siano gli altri a raccontare il suo lavoro attraverso la fotografia o i film. Mantiene una distanza sorprendente dalle innovazioni tecnologiche che oggi controllano molti dei cambiamenti sociali in atto. Eppure il mondo digitale ha un’influenza diretta sulle sue creazioni, poiché l’immagine è anche la sua professione.

La supremazia dell’immagine lo spinge a incorporare una nuova dimensione nel modo in cui concepisce il suo lavoro. Qualche anno fa i suoi occhi erano i soli giudici di un completo maschile ben fatto. Oggi lo schermo piatto è diventato un secondo punto di vista critico, a volte in contrasto con la realtà:

La moda e il lusso sono sottoposti al vincolo dell’immagine, invertendo l’equilibrio del loro potere sulla base del mezzo di comunicazione. Questo contesto richiede che lo stilista metta continuamente in discussione le sue collezioni, basate sul volume piuttosto che sull’assenza di rilievi. Da Lanvin Elbaz predilige un mondo meno quadrato e più rotondo, dove per un momento si dimenticano gli schermi, e le persone tornano ancora una volta al centro dell’attenzione.

Come si può trasportare questa visione su tre dimensioni quando le immagini ne possiedono sostanzialmente solo due?
La risposta risiede nel catturare quei momenti fugaci attraverso la testimonianza di coloro che hanno lavorato con Lanvin e Alber Elbaz per molti anni; momenti di costruzione o passaggi tecnici, di attenzione alle finiture , di dettagli materici, fino alla magia delle sfilate.

[tweet content=”«Ciò che sembra bello sullo schermo non è necessariamente bello o comodo sul corpo» Alber Elbaz “]

Riproduzione riservata © 2024 - PB

ultimo aggiornamento: 12-10-2015