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Cosa sono i kibbutz, le comunità agricole sotto attacco in Israele
Kibbutz israeliani: cosa sono, quando sono nati e perché sono sotto attacco da parte delle milizie di Hamas.
Nella mattinata dell’8 ottobre 2023, alcuni membri del gruppo terroristico palestinese Hamas hanno attaccato centinaia di cittadini israeliani durante una festa organizzata nei pressi del kibbutz di Urim, a circa 15 chilometri dalla Striscia di Gaza. Un’azione militare violenta che ha acuito gli scontri tra le milizie palestinesi e israeliane anche in altri kibbutz, come quello di Be’eri e quello di Re’im, accendendo nuovamente i fari del mondo intero sulla questione mediorientale, mai realmente risolta.
Inevitabile chiedersi, in un momento storico estremamente delicato, cosa siano i kibbutz e per quale motivo siano stati presi di mira dalle milizie di Hamas, diventando bersagli delle loro rappresaglie e dei loro attacchi di natura terroristica.
Kibbutz: cosa sono, origini e storia
Quando si parla di kibbutz si fa riferimento a una comunità collettiva israeliana fondata, in origine, prevalentemente sull’agricoltura. La parola kibbutz significa letteralmente “luogo di ritrovo” o “collettivo”. Si tratta di comunità che promuovono la condivisione delle risorse, del lavoro e della proprietà, nate e sviluppate su un’ideologia basata su due cardini fondamentali: uguaglianza e cooperazione. Almeno questo al momento della loro origine.
Questi insediamenti collettivi hanno già una storia secolare. Il primo fu fondato nel 1910 a Deganya, in Palestina, come iniziale applicazione pratica del progetto ebraico nella regione della Terra Santa.
Seguendo l’esempio di quanto accaduto a Deganya, nella prima metà del Novecento molti ebrei, in fuga dai rispettivi territori a causa di persecuzioni, cercarono riparo proprio in Palestina, costruendo villaggi, fattorie e fabbriche e dando vita a molti altri collettivi basati su idee di stampo socialista, portate avanti dai primi intellettuali del movimento sionista. Tutto questo prima ancora della nascita dello Stato di Israele, avvenuta nel 1948.
L’evoluzione dei kibbutz oggi
L’idea alla base dei kibbutz, rigidamente socialista e collettivistica, funzionò per diversi decenni, ma negli anni Settanta, a causa di fattori differenti, tra cui l’accumulo di debiti sempre più importanti, per le comunità iniziò un periodo di declino. Un declino acuito dalla crescita sempre maggiore, e rapida, delle principali città israeliane, che finirono per attrarre i giovani ebrei dei kibbutz, alla ricerca di uno stile di vita più indipendente, lontano dagli ideali su cui erano nati i collettivi agricoli.
A causa di questa crisi identitaria, molti kibbutz rividero le proprie gestioni economico-sociali e anche i propri principi fondamentali, alla ricerca di una nuova struttura che potesse portare alla sopravvivenza di un modello che doveva essere adeguato ai cambiamenti frutto dei tempi. Così, dopo circa vent’anni di decadimento, dagli anni Duemila i kibbutz riuscirono faticosamente a rinascere, fino ad arrivare, attorno al 2010, a nuovo picco di oltre 140mila abitanti.
Come funziona un kibbutz
Oggi esistono 262 kibbutz, e di questi nel 2010 solo 66 avevano mantenuto lo stampo socialista originario, compreso il salario uguale per tutti i cittadini. In molti casi l’evoluzione delle comunità le ha portate a diventare veri e propri terreni fertili per nuove startup, mentre altri kibbutz si sono aperti al turismo, cercando un approccio differente con la società moderna.
Proprio per questa loro storia particolare e l’evoluzione avuta negli ultimi anni, sono diventati parte fondamentale della società israeliana nel corso del tempo, insediamenti autosufficienti, i cui confini sono delimitati chiaramente da campi, deserti o semplicemente dal filo spinato, che si autogovernano attraverso meccanismi di democrazia diretta, con un numero di abitanti limitato (tra il centinaio e circa mille).
In altre parole, hanno assunto un forte significato politico delle origini stesse dell’idea israeliana di comunità in territorio palestinese, diventando un obiettivo per gli attacchi terroristici di Hamas, bersagli utili per alimentare un odio che ha ragioni sempre più lontane nel tempo, e che nonostante questo continua a crescere.